Con il perdono ritorna viva una relazione. Ritorna viva una parte di me. Il non perdono è il tormento del non perdonante. La vendetta, la denuncia, la rivendicazione del proprio diritto, ragione, dignità, la ritorsione per il torto subito sono un tormento continuo. Energie, tempo, emozioni sprecate. Porto il nemico dentro di me: una gran fatica. Sono legato a lui. Legato al cadavere del mio offensore, racchiusi in un unico sacco. Mi dichiaro sconfitto in attesa di una rivincita che non trovo.
Il rancore diventa la punizione di me vittima, non del colpevole. Il perdono è un ritorno al mio baricentro, dentro di me, è una rinascita, un ricominciare con realismo. Un riabilitare e riaccogliere. Parlo del perdono del cuore perché esternamente deve obbedire a condizioni e limitazioni per tutela mia, per vero bene del soggetto che ha mancato e in base ai doveri verso terzi da rispettare. Riaccordare, ricordare cioè raccordare, ricollocare nel cuore il fratello e la speranza. Io sono quel che ho perdonato in me e negli altri. E’ come aprire le finestre e lasciare entrare l’aria ossigenata e il sole. Un sole che libera e tonifica, ristabilisce contatti con la realtà, rivela ed elimina confini. Perdonate, amate, non vuol dire fidatevi, non provvedete. E’ come salvare una persona che annega: se non sai prenderlo, senza che lui ti prenda, annegate assieme.
Il perdono è un superdono, l’iper-dono: è la relazione più gratuita, più divina , più umanizzante e, spesso, più terapeutica. Più gratuita sia in partenza, perché il perdonato non ha titoli di merito per il perdono, sia in arrivo quanto più il perdonante non si attende nulla dall’altro. Il perdono disarma spesso il colpevole e dona pace all’offeso. La famiglia del giudice Bachelet aveva perdonato, anche pubblicamente, i suoi uccisori e decine di terroristi abbandonarono la lotta violenta.
Talvolta diventa prova e garanzia di un’amicizia. “Solo quando due amici hanno litigato e hanno trovato la strada del perdono possono essere certi che la loro è una buona amicizia”.
Il perdono trasforma da asimmetrico a simmetrico il rapporto.
Il perdono, quanto più viene dal cuore, riabilita il perdonato onorandolo con la parità senza privarlo della meraviglia, della riconoscenza e del riconoscimento della priorità di iniziativa del perdonante. Gli restituisce stima e rispetto di sè e la capacità di gestire il rapporto alla pari.
Il miglior perdono esiste quando non si ha più nulla da perdonare perché si è giunti alla compassione. Oggettivamente c’è stata l’offesa,la violenza,l’inganno, il torto, il danno,ma soggettivamente sono stati compresi.
Il Signore non ha problemi a perdonare. La sua difficoltà è di farci arrivare il suo perdono, farcelo credere e accogliere. Dio è Amore quando crea l’umanità nell’innocenza del nulla ma ancor più quando continua ad amarla comprendendo e compassionando quanto l’umanità stessa non tollera di se stessa. “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Alcuni possono essere spaventati e quindi pericolosi a se stessi e a noi. Anche mentre li aiutiamo e perdoniamo, non possiamo fidarci totalmente e dobbiamo prevedere e provvedere a nostre tutele. E’, appunto,come soccorrere qualcuno che sta annegando e può afferrarti e tirarti giù se non sai assisterlo in modo giusto. Perciò sono amati dal Padre di più. Facilmente fin dall’infanzia non si sono sentiti amati. Il perdono che comprende le cause e non giudica, li disarma. Hanno bisogno di compassione, gratuità. Nessuno o pochi li amano perché sono poveri e infelici. E perciò sono ancor più poveri e infelici.
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