Onnipotente?

Creandoci liberi e responsabili, ha affidato a noi, oltre che all'evoluzione del cosmo, il futuro del mondo e facendo questo si è limitato, ha ridotto il campo della sua onnipotenza

Dipendesse da me toglierei, il termine "onnipotente" dal Credo e dalla liturgia perché ogni volta mi giunge come un colpo di freddo. Mi fa ricordare Il Partito, il Capo, la Scienza, il Mercato che possono tutto. E sto parlando del Padre. Perché il Figlio si autoesclude alla radice con la sua vita di dedizione accolta dall'inizio.

Fossero possibili, per assurdo, delle riunioni plenarie delle Sottopersonalità che sono in Dio: Onnisciente, Onnipotente, Onnipresente, Onniprovvidente, Eterno, Giusto, Comprensivo, Equanime, Libero, Splendido, Comunicativo, Perfetto, Vero, tutte, dico io, si alzerebbero in piedi e si inchinerebbero all'entrata del Dio Amore. Quasi scomparirebbero, si sentirebbero superflue, ripetitive, inadeguate in presenza del Tutto Amore. Un Amore infinito, un infinito di Amore.

E noi stessi, sottoposti al siero o alla macchina della verità, sobbalzeremmo ben poco alle varie voci della litania su esposta. Che qualcuno sia onnisciente può anche darmi fastidio, che sia onnipotente mi può anche preoccupare, onnipresente imbarazzare, giusto, comprensivo ed equanime al massimo tranquillizzare, eterno annoiare, perfetto invidiare, splendido, comunicativo e libero desiderare di contemplarlo. Ma sentirmi amato dall'Infinito, voluto da Lui, presente ogni istante nel Suo cuore, manderebbe la lancetta al massimo della speranza e della gioia.

Vale anche per Lui il detto di Agostino: "Ama e fa quello che vuoi"? A lasciar fuori l'onnipotenza ne verrebbe, mi pare, solo bene.

Nella Sinfonia divina il tema che apre, accompagna, domina e conclude è quello di un Creatore che pone la sua onnipotenza a servizio del suo amore e si dedica a noi evocandoci dal nulla, commuovendosi alle maldestre giravolte della libertà che ci ha affidato, entusiasmandosi per i nostri minimi successi, convincendosi che meritava metterci al mondo e pregustando l'incontro definitivo. Egli rimane prigioniero di se stesso in questo suo amare e quindi, in tale senso, non è più onnipotente. E' inerme, condizionato, condizionatissimo da se stesso, da questa sua natura tutta e solo amore, rispetto, fedeltà. Se capisco bene, neppure potrebbe mandare qualcuno all'inferno se non per rispettare una dichiarata, responsabile pretesa dell'interessato.

Può dare l'impressione che dell'onnipotenza non sappia che farsene. Che la usi solo per le stelle, la natura e per tenerci in vita. E il suo non usarla è già esercizio di bene, un voler bene. Forse il saperlo onnipotente ci fa bene come ad un bimbo vedere che il papà è forte, rispettato. Già questo sentimento lo fa sentire protetto. (Vedo che incomincio a rabbonirmi per quanto riguarda le preghiere che invocano l'Onnipotente).

Nel suo decidersi, da sempre, per la Creazione di altri esseri a sua immagine e somiglianza già cede il posto alle Cause seconde, energie e realtà che collaborano con Lui. Cause seconde: la natura, con tutti i suoi fenomeni, leggi e imprevisti. E gli avvenimenti con le loro circostanze liete o tragiche provocate dagli uomini (ecologia, progressi scientifici, sociali, morali, distruttività).

Ernesto esce di casa, per un impegno buono e importante. Viene investito dall'auto della Croce Rossa. Perché Dio ha voluto o permesso questo? Non l'ha voluto e non lo ha concesso. Tutta la vicenda dipende dalle cause seconde. Cioè l'ansia probabile di Ernesto per il dovere da compiere, le condizioni fisiche dell'autista della Croce Rossa o lo stato meccanico del furgone, eventuali terzi che interferivano con la loro presenza e movimenti, le circostanze di traffico, manutenzione stradale ecc. Egli, creandoci liberi e responsabili, ha affidato a noi, oltre che all'evoluzione del cosmo (con i suoi effetti come tsunami, terremoti, esplosioni stellari), il futuro del mondo e facendo questo si è limitato, ha ridotto il campo della sua onnipotenza condividendola con noi. "Una volta donato l'essere al mondo, Dio non si riprende il suo dono ma rispetta l'autonomia che a quel dono è legata. Quindi l'affermazione che Dio opera in tutte le cose va intesa in modo da non pregiudicare il fatto che le cose stesse hanno una propria attività. Sarebbe assurdo che creando Egli qualcosa non rendesse la creatura capace di azioni proprie. Che agli enti naturali non appartenesse alcun effetto reale" (Giuseppe Tanzella Nitti). Il fuoco scalda di suo e non è una semplice occasione, quasi un pretesto perché Dio scaldi direttamente la cucina o la cena. Un po' prima della nota canzone degli anni '70 si è detto: "Aggiungi un posto a tavola che c'é un amico in più". Ha fatto, sta facendo posto a questo amico in più che siamo noi con quanto occorre per farci vivere.

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