Oggi come ieri, di lavoro si può morire: Serena Ballista lo racconta utilizzando una prospettiva insolita

Il punto di vista in una storia è sempre importante e a volte inaspettato come in questo libro. Il narratore di Per mille camicette al giorno (Orecchio Acerbo; età 11+), infatti, è una camicetta esposta in una vetrina davanti al grattacielo sede della manifattura in cui avviene il più grave incidente industriale della storia di New York. La Triangle Waist Company occupa i tre piani più alti dell’Asch Building, produce camicette e dà lavoro a circa 500 persone, operai e impiegati, in gran parte giovani donne immigrate. La camicetta che parla non può tacere, sa tutto perché è stata testimone della morte delle giovani operaie che si sono gettate dai piani più alti della fabbrica andata a fuoco il 25 marzo 1911. Non si sa, esattamente, cosa sia successo. Sta di fatto che i padroni dell’impresa si sono messi in salvo, ma non si sono preoccupati di tutte le persone intrappolate dentro quell’inferno. Le operaie che non si sono gettate nel vuoto, tante di loro provenienti dall’Italia, dalla Germania e dall’Est Europa, 146 per la precisione, sono morte arse vive o soffocate dal fumo.

Le parole di questa camicetta, adesso approdata in Sicilia, dopo essere stata venduta, sono testimonianza delle condizioni di sfruttamento delle lavoratrici, ma anche delle lotte per l’emancipazione che le donne hanno combattuto in quegli anni. E non solo.

Questo libro, mentre racconta del tragico episodio di New York e della nascita del movimento per i diritti delle donne, è anche riflessione sulle morti bianche di oggi, sullo sfruttamento sul lavoro di tutti, donne, uomini, bambini e ragazzi, sulle condizioni dei migranti.

La storia di queste donne è una storia universale di dignità e resistenza. Una storia narrata con parole, illustrazioni e spazi bianchi in un bellissimo libro illustrato tra albo e graphic novel. Ferma restando la qualità del testo, una riflessione è d’obbligo con libri come questo sul lavoro di chi li illustra, artisti che, come Maria Luce Possentini, mettono la loro arte “a servizio” di una storia, non per raccontarla uguale al testo, ma per interpretarla in un altro modo o raccontarne un’altra parte. Le illustrazioni, come diceva il grande maestro Stepán Zavrel, devono lavorare per la narrazione e non per la didascalia e se le illustrazioni sono arte, i libri diventano per molti lettori la prima visita ad una vera e propria galleria.

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