Roberto Andò, il grande pubblico lo ha conosciuto tre anni fa, quando ha portato sullo schermo il suo romanzo, Il trono vuoto, in cui narrava il fallimento della politica italiana attraverso la depressione e la fuga del segretario del maggior partito d’opposizione. Il film si intitolava Viva La libertà e a interpretarlo c’era un grande Toni Servillo nel doppio ruolo del politico in fuga e del fratello gemello, filosofo pazzo ed utopista che restituiva speranza al Paese.
Oggi, con Le confessioni (uscite in sala il 21 aprile), Andò ci porta in un hotel più che esclusivo nel nord della Germania al centro di un summit economico del G8, e ci mostra chi ha occupato il trono lasciato vuoto dalla politica. Uno sviluppo coerente, anche nei modi del racconto che diventa più compatto rispetto al precedente, un apologo morale di forte respiro simbolico come il cinema italiano in genere non usa. Al centro della messa in scena ancora Toni Servillo, più estraneo che mai al contesto politico, nei panni di un monaco certosino invitato a prender parte al raduno dal Direttore del Fondo monetario europeo (Daniel Auteuil), insieme ad una scrittrice per l’infanzia (Connie Nielsen) e a un musicista rock. Estraneità resa in modo folgorante dalla prima inquadratura che mostra il protagonista al suo arrivo nell’aeroporto tedesco, solo e vestito di bianco, dopo un gruppo di donne in burqa. Più straordinario, lui, di loro. E luminoso.
Roberto Salus (nomen-òmen) che rispetta il silenzio e ascolta le voci della natura, fungerà da corpo enzimatico nel consesso politico messo in crisi dalla morte misteriosa del Direttore del Fondo, avvenuta nel corso della prima notte dopo il colloquio con il monaco.
Voleva l'assoluzione, il super-banchiere-economista, per una vita che ha posto il denaro sopra ogni cosa e ha imposto la propria legge al mondo, sciolta da ogni legame etico, inseguendo un'idea di ricchezza e di potenza sconfinata da far pagare ad altri, le vittime necessarie del sistema. La richiesta non includeva però vera confessione ed escludeva il pentimento, e Salus, ancorché monaco libero dall'ortodossia e attento alla pietà più che alla verità, non può concederla. Col suo silenzio, e con l'aiuto della scrittrice (che a differenza dei politici va in cerca di un senso da dare al mondo che essa stessa crea), metterà i governanti di fronte alla propria coscienza e alle responsabilità delle proprie scelte, provocando una frattura nell'adesione “mediocre e impotente” dei politici all'impero delle banche.
Un apologo di risonanza metafisica, che vibra in profondità e chiarezza come un cristallo, affidato all'intensità umana di Salus-Servillo cui rispondono a tono gli altri interpreti, la Nielsen, Auteuil, Favino… fino al cane Rolf, che a fine film diventerà Bernardo. E mai – almeno negli ultimi decenni – il richiamo cristiano al mondo è stato così esplicito e autorevole come in questo film laico.
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