Mattarella: “L’autonomia? Un vanto per la Repubblica”

Il Presidente della Repubblica Mattarella ad Aosta per l’80° anniversario della liberazione e dell’autonomia della Valle (foto quirinale.it)

L’autonomia come bandierina ideologica o speculazione teorica, l’autonomia come esperienza reale, storica, radicata in un territorio. Un nuovo contributo alla riflessione su questo tema lo dà il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto alcuni giorni fa alla cerimonia in occasione dell’80° anniversario della resistenza, della liberazione e dell’autonomia della Valle d’Aosta. Una risposta esperienziale a chi esclude per principio le autonomie e a chi ancora oggi si meraviglia nell’apprendere che in alcune zone del Paese si parlano lingue diverse da quella italiana, a volte in modo prevalente.

Fuori e dentro l’Assemblea costituente i rappresentanti della Valle parteciparono a un processo di definizione della nuova autonomia fatto di passi avanti, battute d’arresto, riconoscimenti e delusioni. Approvato dall’Assemblea nel febbraio del 1948, lo Statuto fu esaminato pochi giorni dopo in sede di Consiglio della Valle, il quale (con un ordine del giorno approvato all’unanimità) dichiarava che, pur riconoscendo che esso rappresentava un miglioramento della situazione stabilita col precedente decreto legislativo luogotenenziale, lamentava che “le rivendicazioni del popolo valdostano non siano state accolte in modo soddisfacente”, dichiarando che “fino a quando non vi sarà autonomia finanziaria non vi sarà una vera e propria autonomia degna di tale nome”. In altri termini: l’autonomia o è effettiva o non è.

“Il contributo valdostano”, spiega oggi Mattarella, “servì alla definizione dell’art. 116 della Costituzione con la previsione di condizioni particolari di autonomia per Sicilia, Sardegna, Val d’Aosta, Trentino Alto Adige”.

Interessante notare differenze e analogie tra Valle d’Aosta, Trentino e Alto Adige, soprattutto rispetto all’atteggiamento di fondo delle rispettive classi dirigenti e della popolazione. Per alcuni l’autonomia come forma istituzionale atta a una integrazione costruttiva nello Stato italiano, per altri un modo per prenderne il più possibile le distanze.

Ad Aosta, diversamente che a Bolzano, non si ricorre “a garanzie internazionali, tentazione che pure si era affacciata nel dibattito pubblico”, aggiunge Mattarella. “La Val d’Aosta intraprendeva così la via di una autonomia effettiva, capace di tutelare le differenze e le identità della propria popolazione, come testimoniava l’art. 38 dello Statuto che, in merito alla lingua e all’ordinamento scolastico, affermava la parificazione della lingua francese a quella italiana. Questione non secondaria stante il tentativo precedente fascista di imporre l’italiano come unica lingua”.

Non mancarono nella stessa Costituente perplessità e ostilità rispetto alla parificazione delle lingue. D’altra parte, si sottolineò nel dibattito, lo stesso Statuto Albertino, che ora veniva sostituito dalla Costituzione repubblicana, aveva consentito di “servirsi del francese ai membri (delle Camere) che appartengono ai paesi in cui questa è in uso, o in risposta ai medesimi”. Poteva ora la nuova Costituzione essere più restrittiva rispetto ai diritti di lingua e cultura rispetto allo Statuto del Regno d’Italia?

Il messaggio del presidente Mattarella è forte e chiaro: “Il principio che l’Assemblea costituente affermava era esplicito: non potevano essere considerate straniere, in Italia, lingue parlate da cittadini italiani radicati sul suo territorio. Non si era – e non si è – stranieri a casa propria, quale fosse – e quale sia – la propria lingua, cultura, religione”.

Il riconoscimento delle lingue materne non fu una concessione paternalistica ma la “diretta conseguenza dei principi fondamentali della nostra Costituzione”, esplicitati in particolare nell’articolo 3 e poi nell’articolo 6 che riguarda proprio la tutela delle minoranze linguistiche.

“Ecco perché valorizzare le specificità delle comunità collocate alle frontiere dell’Italia ha arricchito i valori di convivenza della nostra civiltà”. E ancora: “È un valore, quello delle terre e dei popoli di frontiera, che l’Unione Europea ha saputo far crescere e valorizzare ulteriormente, dando sempre maggiore spessore alla nostra comune cultura europea”.

In definitiva le autonomie, correttamente intese, non sono un problema per le istituzioni. Nel caso della Valle d’Aosta (e non solo) “si tratta di una ricchezza, di un vanto per la Repubblica”.

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