Ma chi sono i veri gaudenti?

I lettura: 1Re 19,4-8;

II lettura: Efesini 4,30-5,2;

Vangelo: Giovanni 6,41-51

La notizia che torna frequente in questi giorni – stando a giornali e telegiornali – riguarda la gente che si muove per vacanze. La crisi economica ovviamente ha posto certe restrizioni, sia per quanto riguarda le mète, sia la durata. In ogni caso, è da credere che una volta arrivati sui luoghi delle vacanze, molti si preoccuperanno di riempirle di tutti gli svaghi possibili. Visto che i giorni sono contati, beh… che almeno siano pieni; che senso avrebbe pagare – e magari caro – per perder tempo ad annoiarsi? Ecco che allora agenzie e aziende di soggiorno fanno a gara per soddisfare clienti e ospiti, con programmi che scoppiano tanto sono strapieni di iniziative le più disparate. A me però tutto ciò richiama quello che dicevo in maniera un po’ brutale la settimana scorsa: le persone al giorno d’oggi rischiano di ridursi a contenitori di cose, a bidoni d’immondizia alla fin fine; sì, perché quando si continua a cercare solo ciò che passa, e in fretta, e nient’altro che quello, a cos’altro ci si riduce? Ma la vita, questa benedetta vita che è l’unica che abbiamo, è soltanto un bidone da riempire o è qualcosa di meglio?

Se a rispondere è il vangelo, allora la sua opinione è questa: la vita non è un contenitore da riempire di cose, di avventure, di esperienze, fino a scoppiare; la vita è piuttosto una pianta – viva! – che esiste per aprirsi al sole: allora germoglia, cresce, fiorisce, e matura i suoi frutti.

La vita – ritmata sul tempo che corre – è un’esperienza piuttosto limitata (tra il resto anche enigmatica, se osservata da certe angolature: perché mai, ad esempio, per alcuni il tempo della vita dura 100 anni e per altri invece… nemmeno vent’anni? Perché ad alcuni riserva una strada tutta piana e liscia, e ad altri invece solo curve, salite e grane a non finire?). La vita, ritmata sul tempo che passa – lunga o corta che sia – è fatta per aprirsi a Dio, che non passa mai; è allora che diventa “eterna”. È Dio quel sole che fa germogliare la pianta, la fa crescere e maturare: è solo lui l’Eterno per natura. Gesù è venuto da Dio per dare alla gente di questo mondo la possibilità di fare della propria vita non un contenitore o un bidone, ma una pianta che cresce fino alla sua pienezza. Oggi ce lo dice e ce lo ripete: “Chi crede in me ha la vita eterna… Io sono il pane della vita: se uno mangia di questo pane, vive in eterno…”. E ce lo ridirà anche le prossime Domeniche: non per ripetersi, ma perché è un argomento di importanza davvero vitale.

A questo punto, però, è necessario spiegarsi, chiarire: cosa sarà questa “vita eterna”? In cosa consiste? È quella carica in più che noi non abbiamo, ma che ci può dare soltanto Dio. È la vita di Dio, anzi, potremo dire senza timore di sbagliare: è vivere, è condividere la stessa vita di Dio. Ma fin d’ora: questo è il bello! Quindi è ragionare come ragiona lui, vedere e valutare tutto e tutti come fa lui, è provare dentro di sé un’energia che non viene dalle nostre cure ricostituenti perché è soltanto sua: l’energia vitale di Dio. È un altro modo di vivere, insomma, di stare al mondo. Non più un vivere epidermico, superficiale, cogliendo d’ogni esperienza soltanto la scorza, ma un vivere in profondità, trovando il significato vero di tutto ciò che si vive. È un vivere che porta a godere dei beni materiali senza diventare per questo materialisti (o bidoni da da raccolta differenziata), e con il vantaggio – oltretutto – di goderne veramente, cioè in maniera più intensa e più profonda: perché mai? Perché tutto ciò che godi, sai che è dono di Dio, e questo te lo fa gustare ancora di più. I veri gaudenti a questo mondo sono coloro che vivono già fin d’ora una vita eterna. Insomma, se ci apriamo a questo dono che Dio ci vuol fare, si allargano gli orizzonti del nostro vivere quotidiano: non perché cambino i contenuti (gli impegni, le occupazioni), ma perché prendono un altro senso, un altro sapore. Ma si tratta di realtà, o sto dicendo fantasie?

Nessuna pianta cresce, fa fiori e frutti, se non rimane costantemente rivolta al sole: se si ripiega nell’ombra, intristisce e muore. Per noi il sole è Dio. Nessuna vita cresce e si sviluppa senza un’alimentazione continua e adeguata. Per noi l’alimento è il Pane dell’Eucaristia, di cui Gesù ha detto “è la mia carne per la vita del mondo”; ma siccome non si vive soltanto di pane (cioè non basta mangiare ostie consacrate per ritrovarsi senz’altro buoni cristiani), ecco che quell’alimento per noi è anzitutto la Parola di Dio, è il vangelo: ascoltarlo spesso, portarselo nella mente e nel cuore, è nutrire la vita eterna che c’è in noi. Diversamente è ovvio: quella vita intristisce e muore.

La prima lettura di questa Domenica parla del profeta Elia che, alimentato da un pane misterioso inviatogli da Dio, trova la forza di affrontare un lungo viaggio nel deserto. Il senso di questa storia, se pure condita di leggenda, è chiaro: chi ha in sé la vita eterna, avrà anche da faticare (come tutti), da soffrire (come tutti), certe volte andrà in crisi (e chi non ci va, almeno ogni tanto?), ma non sconfina mai nell’angoscia o nella disperazione. Non perché sia più bravo degli altri o più forte quanto a costituzione, ma perché c’è la vita di Dio in lui, e la nutre e l’alimenta con diligente costanza. Sì, ce ne parlerà ancora il Signore, anche nelle prossime domeniche.

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