L’atriplice degli orti, un segno di primavera

L’atripice, una specie che un tempo difficilmente mancava dai nostri orti

Con i primi sentori di primavera, ha subito sete di cielo l’atriplice degli orti. Specie annuale, si propaga seminandola, ma più facilmente è sufficiente lasciare che disperda i semi al termine del suo ciclo vegetativo e puntuale ad ogni primavera spunterà precocemente, come fanno i teneri ciuffetti di camomilla.

Si tratta di uno spinacio estivo, rustico, la cui pianta può arrivare fino al metro e mezzo o due di altezza, che tanto smuove precocemente il terreno, quanto rapidamente tende ad andare a seme. Un tempo pianta selvatica, venne addomesticata già nell’antichità ed è rimasta negli orti finché non è stata sostituita dalla coltivazione degli spinaci.

Si coltiva bene nei terreni poveri, tollera l’aridità, richiede il pieno sole ed eventuali innaffiature nei periodi siccitosi. Le foglie tenere dell’atriplice degli orti, chiamata anche bietolone, sono verdi oppure rosse a seconda della varietà e vanno raccolte di frequente, man mano che si sviluppano, cimando spesso le piante perché non vadano a seme. Le foglie vengono consumate in aggiunta alle insalate ed utilizzate come gli spinaci, soprattutto cotte, appena scottate, semplicemente condite con un filo d’olio oppure impiegate per la preparazione di zuppe, gnocchi e frittate.

Le infiorescenze molto grandi dell’atriplice producono un’abbondante quantità di semi piccoli, neri e contenuti in una membrana sottile. È grazie a questa abbondanza che l’associazione La Pimpinella ha potuto recuperare e nuovamente diffondere questo spinacio che una volta mai mancava negli orti trentini

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