A dar retta ai comunicati della Provincia l’Alto Adige, dopo oltre sessant’anni dal suo esordio in quella sede, si appresta a tornare davanti alle Nazioni Unite (che nel frattempo sembrano essere diventate più “nazioni” e meno “unite”).
Davanti all’ONU, questa volta, non come un problema da risolvere, ma come un modello da imitare.
La cosa piace molto al ministro degli Esteri Antonio Tajani che giovedì 13 giugno – giorno del suo onomastico – nientemeno che durante il vertice del G7 “a guida italiana” a Brindisi, avrebbe condiviso con il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres l’“intenzione di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sull’esempio positivo costituito dall’Alto Adige per la risoluzione pacifica dei conflitti etnici”. Tanto che subito, “in una comunicazione personale, il presidente Arno Kompatscher ha ringraziato il ministro degli Esteri per aver riconosciuto l’importanza di questo tema”.
Segue, nel comunicato, il riferimento alla progettata creazione di un Centro di documentazione per la tutela delle minoranze e per l’autonomia da allestirsi nel futuro Polo bibliotecario di Bolzano. “Stiamo lavorando da tempo per raggiungere questo obiettivo”, spiega Kompatscher. E anche in questo caso “abbiamo trovato un sostenitore entusiasta nel ministro degli Esteri Tajani”.
Ministro e Presidente, informa la Provincia, “sono convinti che, con il sostegno delle Nazioni Unite, l’Alto Adige possa dare un contributo prezioso alla sensibilizzazione sull’importanza dei modelli di autonomia nella tutela delle minoranze”.
“Con la risoluzione 1497/XV del 31 ottobre 1960 e la sua conferma nel 1961”, ricorda Kompatscher, “le Nazioni Unite hanno gettato un’importante base per la realizzazione del secondo Statuto di autonomia, che costituisce il fondamento per una convivenza pacifica e una crescente fiducia reciproca”. A suo tempo fu l’Austria a denunciare all’ONU l’Italia per la mancata attuazione dell’Accordo di Parigi, sottoscritto nel 1946 dai ministri Gruber e Degasperi. È questa la base di rilevanza internazionale su cui si fonda l’autonomia dell’Alto Adige, del Trentino (e del Trentino – Alto Adige), tanto che la Giornata dell’Autonomia si celebra ogni anno il 5 settembre, proprio nell’anniversario della firma comune dei due illustri tirolesi (uno del Nord, l’altro del Sud).
La questione davanti alle Nazioni Unite si risolse a suo tempo – nel 1992 – con la cosiddetta Quietanza liberatoria, attraverso la quale Vienna dichiarava che la situazione creatasi con la riforma dell’Autonomia, approvata nel 1969 e attuata dal 1972, corrispondeva al dettato dell’Accordo del 1946.
Ora, dice la Provincia, l’obiettivo è quello di raggiungere un “accordo con le Nazioni Unite” per rendere il Centro di documentazione un punto di riferimento internazionale. “Grazie al sostegno dell’Italia e dell’Austria, questo obiettivo sta per diventare raggiungibile e questa è una buona notizia per il Centro di documentazione per la tutela delle minoranze e per l’autonomia”, assicura Kompatscher.
Che in Alto Adige si cominci a guardare al di là delle palizzate che circondano il villaggio di Asterix e che si voglia mettere a disposizione di altri Paesi quanto sviluppato in quasi ottant’anni di Autonomia è senz’altro cosa degna di nota. Purché non si pensi di poter trasferire semplicemente da Bolzano a chissà dove un modello che funziona (funziona?) in un contesto storico, geografico, culturale, geopolitico ben specifico.
Quanto al reale buon funzionamento dell’Autonomia altoatesina e di conseguenza all’opportunità di una sua distribuzione a livello globale (neanche fosse il vaccino del Covid) verrebbe da ripetere l’antico adagio, conosciuto a Cafarnao e dintorni già duemila anni fa: medico, cura te stesso.
Ma forse proprio a questo può servire un Centro di documentazione per la tutela delle minoranze e per l’autonomia. A curare noi stessi. Un po’ come le Dolomiti “patrimonio dell’umanità”. Bella cosa e prestigiosa, ma soprattutto una chiara responsabilità: il dovere di prendere sul serio questo patrimonio che è di tutti e a noi è solo affidato in custodia. Così l’Autonomia. Se è veramente un rimedio da diffondere e condividere, saremo costretti a interrogarci seriamente non solo sulla sua efficacia, ma soprattutto sulle controindicazioni (e sugli effetti collaterali).
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