È forse la voce più inconfondibile della storia del giornalismo italiano. Prima in radio e poi in televisione, la voce di Sergio Zavoli è diventata per certi versi la sua firma: calda, avvolgente, autorevole, baritonale ma non troppo bassa. Nel suo celebre modo di raccontare, Zavoli alternava pause studiate e variazioni nel tono, un eloquio semplice, diretto, essenziale. Uno stile che poi si è perso e di cui – nel giornalismo di oggi, fatto soprattutto di voci sopra le righe, di grida e di iperboli – si sente la mancanza. Una voce che sapeva descrivere e coinvolgere. Chi non ricorda “Viaggio intorno all’uomo” (1987), “Nascita di una dittatura” (1972), “La notte della Repubblica” (1989)? E poi quel programma – “Il Processo alla tappa” (1962-1970), da lui pensato, creato e condotto, prima alla radio e poi in televisione, per raccontare le storie dei corridori e non solo la cronaca della gara.
Non stupisce affatto, dunque, pensando alla ricchezza delle teche Rai, di sentire la voce di Sergio Zavoli commentare – con il suo stile, calmo e riflessivo – l’arrivo concitato e allo sprint di una gara ciclistica, dove sul traguardo tutto si consuma in pochi istanti e la vittoria è solo questione di centimetri, forse anche meno, e dove solo il vincitore emerge dal gruppo.
“Il mondo non è fatto di primi – annota Sergio Zavoli – ma di secondi, terzi, ultimi. Di gente che arriva fuori tempo massimo, pur sputando sangue. Di uomini qualunque catapultati sotto la luce di una inattesa ribalta, che cambia la vita, ma lascia un po’ bambini dentro. Per fortuna”. La voce del giornalista arriva chiara, lo stile è il suo, come il parlare lento che lascia all’ascoltatore il tempo per raccogliere ogni parola e farla propria. Ma è un audio che non arriva dagli archivi de “Il Processo alla tappa”, nemmeno da una trasmissione televisiva. È un prodotto dell’intelligenza artificiale che ha elaborato la voce di Zavoli e gli consente di esprimere un pensiero che al microfono non era mai stato pronunciato.
“Vi lascio immaginare la mia enorme emozione quando ho sentito rinascere la sua voce”, spiega Alessandra Zavoli, vedova del giornalista (morto nel 2020 a 96 anni), autrice e conduttrice di RadioDue, che per RaiPlay Sound ha realizzato cinque podcast dove, accanto alla voce di Zavoli riprodotta dalle registrazioni viene accostata anche quella generata dall’intelligenza artificiale che riproduce pensieri che il giornalista aveva espresso nei dialoghi con la moglie e raccolti in “taccuini” che invece di essere semplicemente stampati e offerti al pubblico per la lettura, sono invece diventati pensieri pubblicati con la voce dello stesso autore. Una operazione senza precedenti, anche per la notorietà del personaggio, con quella definizione “rinascere la voce” che sorprende e pone interrogativi.
“Sergio era curioso, amava le novità e, ne sono certa, avrebbe accolto in pieno la sfida che condivido con voi”, precisa Alessandra Zavoli in apertura dei podcast dove il suo racconto si alterna con la voce autentica del marito e con quella prodotta dai computer e la cui differenza, all’orecchio dell’ascoltatore, non si coglie.
Siamo abituati a far rivivere la memoria delle persone scomparse con la lettura degli scritti, con l’ascolto delle registrazioni, audio e video. In questo caso, ci troviamo di fronte a qualcosa di diverso, si affida il suo pensiero ad una voce che gli appartiene solo per costruzione artificiale, ma non è – né potrebbe esserlo – la “sua voce”. Anche perché la voce è un elemento costitutivo di una persona, è una manifestazione unica della sua identità, che riflette e trasmette non solo il contenuto delle parole, ma anche aspetti profondi del suo essere, come le emozioni, le gioie, le preoccupazioni. La voce è mutevole perché dice le cose più profonde di noi.
Non è solo un mezzo di comunicazione, ma riflette uno stato d’animo, è parte integrante del nostro “essere vivi”, ciò che nessuna macchina può imitare.
Ps. Se quella dei “Taccuini” di Sergio Zavoli rappresenta una sperimentazione interessante ed anche emotivamente coinvolgente (come il racconto “in prima persona” della notte, insonne, che precedette l’incontro con Madre Teresa, la priora del monastero di clausura che nel 1957 portò ad una delle pagine giornalistiche più famose della storia della radio), l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per “costruire le voci” ci obbliga ad un aumento dell’attenzione per non diventare vittime di truffe e raggiri.
Lo dimostra la recente vicenda che riguarda decine di imprenditori italiani raggiunti da una telefonata con la “voce” di un ministro che chiedeva dei versamenti per fronteggiare un’emergenza nazionale (il pagamento di un ingente riscatto per rilasciare dei giornalisti sequestrati in Medio Oriente). “Tutto era plausibile, tutto sembrava vero”, ha ammesso una delle vittime.