La radio che coinvolge, il successo del podcast

I settant’anni della televisione in Italia, celebrati in questi mesi con enfasi dalla Rai, hanno sinora posto in secondo piano un anniversario forse più importante: i cento anni – tondi, tondi – della radio. Se ne riparlerà sicuramente nei prossimi mesi quando verrà ricordata la data del 6 ottobre 1924 con le prime trasmissioni radiofoniche a cura dell’Uri, Unione Radiofonica italiana. Non stupisca questo prevalere, persino nelle ricorrenze, della tv sulla radio: non c’è paragone per quanto riguarda l’impatto sulle persone, sulle famiglie, sulla capacità di “creare opinione pubblica”. Al punto che la stessa radio si sta trasformando in “visual radio”, la radio da vedere in tv. Non c’è trasmissione radiofonica che non ricordi che “ci potete vedere anche sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale YouTube”. Rai Radio Due, addirittura, la radio si può ascoltare, ma si può anche vedere sul “canale 202” del digitale terrestre.

Tutto questo sta modificando il linguaggio della radio e le sta facendo perdere una delle caratteristiche che la caratterizzano: lo sforzo cioè di descrivere le cose (e le situazioni) che l’ascoltatore non può vedere, ma potrà immaginare proprio grazie al racconto che gli viene offerto. E così sono sempre di più i programmi radiofonici che si stanno trasformando in trasmissioni televisive “trasmesse anche in radio”: la radio si adegua ai canoni televisivi, il linguaggio si omologa, si dà per scontato che ciò che si vede sulla “vision radio” non meriti comunque di essere spiegato nemmeno per chi è solamente in ascolto. Lo specifico radiofonico sembra arrendersi al più intrigante specifico televisivo, senza più alcuna distinzione. Al punto che una trasmissione televisiva può tranquillamente venir trasmessa anche in radio (è il caso di “Viva Rai Due” di Fiorello che dopo la diretta tv del mattino, al pomeriggio diventa “Viva anche Radio Due”).

Eppure, la forza della narrazione senza immagini rimane intatta. Il racconto fatto con le parole, con i suoni, con le voci, con le pause e i silenzi, riesce ancora a catturare l’ascoltatore, lo porta in una dimensione dove la fantasia e la capacità di immaginazione diventano esse stesse elemento costitutivo della storia. Forse è proprio questo – il “coinvolgimento radiofonico” – uno degli elementi che costituiscono la base del successo dei podcast, nuova forma di comunicazione che secondo una recente ricerca (Nielsen IQ per conto di Audible) interessa quasi un italiano su tre: 16 milioni di utilizzatori di Podcast, nel 2023; un milione in più rispetto all’anno precedente; cinque anni fa, nel 2018, erano 10 milioni.

Non è uno strumento nuovo: già nel 2005 il termine “podcast” fu indicato come “parola dell’anno” da alcune riviste specializzate, ma negli ultimi anni ha conosciuto una grande diffusione, soprattutto i “podcast di qualità”, ovvero quelle produzioni che hanno scommesso su questo strumento creando anche linguaggio e linee narrative specifiche.

Il Podcast non è altro che una “trasmissione radio” scaricabile da internet e che ciascuno può ascoltare con lo smartphone (o con gli altri strumenti digitali) quando gli fa più comodo: in casa, in macchina, mentre si fa una camminata, sui mezzi pubblici.

Non a caso, secondo l’indagine, proprio i tempi di andata e ritorno dal luogo di lavoro sembrano essere quelli più utilizzati per ascoltare dei podcast. Chi ascolta questo tipo di produzione digitale lo fa per informarsi (39%), per scoprire nuovi contenuti (32%) e per approfondire un argomento specifico (32%). Ne consegue che tra i podcast preferiti, la parte del leone la fanno i programmi di approfondimento (45%), quelli di news e attualità (43%), le inchieste e i reportage (35%). Grande interesse viene registrato anche per i temi sociali e solidali (34%).

La scelta di ascoltare un podcast è dunque dettata dalla volontà di organizzare i propri tempi (ascolto quando voglio, come voglio, posso sospendere e riprendere), ma anche dal gusto di seguire delle narrazioni “costruite” con cura, attente ai dettagli, che privilegiano le atmosfere (che prevalgono in assenza di immagini), che trasportano l’ascoltatore in ambienti a lui distanti, l’esatto contrario della televisione che invece porta il mondo nella nostra casa senza darci, il più delle volte, gli strumenti per delinearne le coordinate ovvero le chiavi di lettura per capire e per comprendere.

Difficile stilare una classifica dei podcast più seguiti perché ogni piattaforma fornisce solo i propri dati e oltre alle piattaforme più conosciute (Apple Podcast, Google Podcasts, Spotify e Spreaker) ce ne sono anche tante di minori. Colpisce comunque che tra i temi più apprezzati, oltre ai podcast che puntano sull’informazione e sulle news, svettino nelle classifiche quelli riguardanti i “true crime”: il racconto e la ricostruzione di delitti, i casi di cronaca nera più inquietanti degli ultimi anni, i grandi misteri del passato, le inchieste. Podcast dove la curiosità e l’interesse si abbina al coinvolgimento dell’ascoltatore secondo i canoni dei migliori romanzi polizieschi.

Grande interesse suscitano anche i podcast relativi alla storia e ai grandi personaggi storici (Alessandro Barbero è uno dei più apprezzati autori di podcast), quelli sulla salute e sul benessere e quelli che affrontano anche le questioni legate alla fede e alla religiosità.

Un mercato, come ben sanno i pubblicitari, ampio, interessante e su cui investire.

(50 – continua)

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina