Uscito in Italia proprio a ridosso della cerimonia degli Oscar, che hanno premiato un Kieran Culkin in gran forma come miglior attore non protagonista, A Real Pain è un film che merita di essere visto.
Capace di alternare con leggerezza momenti di efficace comicità e toni più drammatici e introspettivi, l’ultimo lavoro di Jesse Eisenberg, regista e attore che nella pellicola interpreta anche il ruolo del protagonista, trova un modo originale per affrontare il tema dell’olocausto e della memoria di quanto accaduto nel ‘900 alla comunità ebraica europea. E lo fa partendo dall’oggi, da due (non più tanto) giovani statunitensi che, a parte le origini ebraiche, nulla sembrano avere a che fare con la più grande tragedia del secolo scorso. David Kaplan (Eisenberg) è un padre di famiglia in carriera, inquadrato e razionale, che organizza assieme al cugino Benji (Culkin) fragile e disastrato, ma anche molto estroverso, un viaggio della memoria nella Polonia da cui l’amata nonna era scappata con l’avvento del nazismo.
Un’esperienza alla ricerca delle radici famigliari che si rivelerà così un viaggio alla riscoperta di loro stessi e del rapporto che fin da piccoli li univa, deterioratosi con gli anni e con i diversi percorsi di vita intrapresi. È inevitabile il riaffiorare di certi traumi del passato dei due, ed è impossibile quindi scansare, di tappa in tappa, lo sviluppo di sentimenti che più contrastanti non si potrebbe, assieme a situazioni potenzialmente esplosive innescate anche dall’incontro con i componenti del tour che li porterà a visitare il ghetto di Varsavia, il cimitero ebraico e il campo di concentramento di Majdanek vicino Lublino.
Il risultato è un road-movie atipico, allo stesso tempo ironico e triste, delicato e profondo, in grado di toccare le corde delle emozioni e affrontare nella giusta maniera temi non semplici, che siano le deportazioni della Shoah o le difficoltà relazionali che contraddistinguono i giorni nostri.
Rimane un senso di “dolore reale” dopo aver visto A Real Pain, ma anche la consapevolezza che la sofferenza, di qualsiasi genere sia, si può esorcizzare e superare, forse a volte basta trovare l’equilibrio giusto tra la razionalità di David e la solare fantasia di Benji.