La memoria dell’Olocausto passa attraverso migliaia di storie diverse. Storie di uomini, donne, bambini diversi. Storie di città e paesi diversi. Quella scelta dall’editore romano Orecchio Acerbo per questo gennaio 2023 è la storia di Henio Zytomirski, un ragazzino ebreo abitante nel ghetto di Lublino, città della Polonia orientale. La storia dal titolo “La finestra del Re di polvere” (Orecchio Acerbo; età +8) si svolge tra il 1941 e il 1942 quando il ghetto, uno dei maggiori ghetti nazisti in Europa, ospitava più di 40.000 ebrei.
Henio è un bambino “strano”, se ne sta spesso in disparte, non ama leggere né giocare a calcio, ma osserva gli altri bambini correre in giro. Un giorno decide di portare il suo amico a vedere il suo segreto. Salgono insieme una scala sopra un negozio ed entrano in una soffitta dove, tra le vecchie cianfrusaglie, c’è un trono con vicino un grammofono e un manichino vestito da guardia. è il regno di Henio, che da lassù domina tutta la città e non solo.
La soffitta, infatti, ha due finestre che guardano sui tetti: da una parte c’è Lublino, dall’altra un paesaggio di case sconosciuto. Henio fa promettere al suo amico il silenzio assoluto su quel posto di cui solo altri nove bambini sono a conoscenza. Arriva la notte del rastrellamento. Henio corre dal suo amico e lo prega di scappare con lui, di mettersi al sicuro. Lui, però, ha paura e non lo segue. Il mattino dopo Henio è sparito, non si trovano neanche altri nove bambini, mentre tutti i loro genitori risultano arrestati.
Il ragazzino corre verso la soffitta, entra senza farsi vedere. Non c’è nessuno, solo polvere e le impronte dei bambini sul vetro aperto verso la città sconosciuta. Sulla polvere è scritto anche il nome di Henio: una specie di saluto per il suo amico. Quell’amico adesso è diventato vecchio ma non ha mai dimenticato Henio e non ha mai smesso di far raccolta di cartoline illustrate con tetti e comignoli nella speranza di trovare il paesaggio che ha visto, quella volta, dalla finestra segreta.
La storia di Henio è inventata, ma potrebbe essere assolutamente vera e nella sua verosimiglianza diventa esempio universale di consapevolezza di ciò che l’Olocausto è stato e di speranza per ciò che, una finestra aperta su un mondo diverso avrebbe potuto (e potrebbe) essere. La storia è raccontata dal punto di vista del ragazzino “shegetz” (in yiddish “ragazzo non ebreo”) che, diventato vecchio, rivive pensando all’amico ebreo, il dramma e l’assurdità di quel momento storico.
Le parole di Pierdomenico Baccalario e le realistiche illustrazioni di Alice Barberini, insieme alla precisione tecnica della composizione grafica, regalano al lettore di ogni età un libro di valore e un intenso momento di riflessione. Un lavoro molto curato ed originale, solo apparentemente ispirato ad altre storie sull’Olocausto. Un libro profondo che non si può leggere o osservare con superficialità, perché andrebbero persi dettagli importanti sia tra le parole, sia nelle illustrazioni. Interessanti ed eloquenti, sono infatti, tra gli altri, i particolari colorati cautamente sparsi in alcune delle tavole giocate per il resto tutte sul contrasto ocra e nero, così come significative sono le dimensioni dei caratteri che compongono le parole e che mutano sottolineando i punti focali del testo.
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