La Chiesa cattolica, l’Isis e l’Islam

Di fronte a questi atti cruenti e insensati dobbiamo tenere i nervi saldi. La religione non c’entra nulla con la violenza

Recentemente è tornato a farsi vivo il sedicente “califfo” Al-Baghdadi:  mi piacerebbe capire meglio la posizione della Chiesa cattolica nei confronti degli atti terroristici targati ISIS e in generale nei rapporti con l’Islam.

Franco

Penso che la prima cosa da fare per riflettere su argomenti così complessi e tragici sia uno sforzo di analisi capace di superare la cronaca degli avvenimenti. Troppi eventi si susseguono e rischiano di cancellare quelli precedenti, mettendo insieme tutto e il suo contrario. L’attentato di Barcellona sembra già dimenticato persino dagli spagnoli (meglio dire dai catalani, visto quello che è successo intorno al referendum sull’indipendenza). Si fa poi confusione tra ISIS, terrorismo di matrice islamica, religione musulmana… ma per comprendere è davvero necessario distinguere! Spesso diamo per scontato troppe presunte verità (può aiutare un recente libro di Joby Warrick intitolato “Bandiere nere. La nascita dell’ISIS”).

Da vari decenni la posizione della Chiesa cattolica nei confronti delle religioni non cristiane è chiara e univoca: si cerca di guardare essenzialmente agli aspetti positivi che ciascuna fede può offrire. Si cerca il dialogo e l’incontro. La dichiarazione conciliare “Nostra aetate” del 1965 dedica il terzo paragrafo proprio all’Islam. Tra l’altro è scritto: “Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”.

È molto interessante notare che la dichiarazione, fin dalla prima riga, parli di “interdipendenza” tra i popoli, di “unità” e di “comunità” a cui aspira tutta la famiglia umana. Le differenti religioni sono viste con “sincero rispetto” perché “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni”. Questa posizione è una svolta dettata da una maggiore comprensione della stessa fede cristiana e da una adeguata comprensione delle dinamiche internazionali. Ovviamente non si poteva parlare di globalizzazione, ma già si intuiva la necessità di una nuova prospettiva di convivenza tra le varie fedi. Alternative non ce ne sono, se non quelle della violenza e della guerra.

Anche su questo versante la Chiesa e il magistero pontificio (almeno da Benedetto XV in poi) sono stati molto chiari: le armi provocano soltanto morte e distruzione. L’unica guerra giustificabile (ma con molti distinguo) è quella di difesa. C’è però un piano ulteriore, che rinvia direttamente all’insegnamento di Gesù che addirittura comanda di amare i propri nemici. Il Vangelo non può essere frainteso su questo punto. Questa è la misura della fede cristiana.

Qualcuno però non lo capisce ancora, accusando i vari papi di “buonismo”. Francesco è la “bestia nera” di questa gente che spesso riempie le pagine dei giornali di insulti e falsità. Qualcuno vorrebbe (il più delle volte in malafede) che il Papa si ergesse a difensore di una cristianità minacciata dagli islamici, diventando il paladino dei valori dell’occidente. Ovviamente tutto questo non c’entra nulla con la religione cristiana perché proprio i più accesi presunti campioni della fede sono lontanissimi, per credenza e per costumi, dalla Chiesa.

Francesco ha sempre condannato ogni attentato, ha sempre ricordato i cristiani perseguitati dagli estremisti islamici in Medio oriente, ha sempre invocato una via pacifica per la risoluzione dei conflitti. Certamente le sue parole sono “profetiche”: l’invito alla non violenza nel mezzo di una guerra sanguinosa come quella siriana può sembrare folle. In realtà sappiamo che la vendetta genera ulteriore spargimento di sangue. La non violenza è dettata da una visione realistica.

Viene così rifiutata nettamente la lettura per cui il terrorismo islamico sarebbe generato da istanze religiose. Certo il fanatismo esiste, ma è solo un paravento che nasconde una componente politica rivolta prima di tutto ai paesi islamici. Quanti compiono materialmente gli attentati sono burattini, giovani senza identità oppure piccoli delinquenti sobillati da qualche cattivo maestro. Sono nichilisti. Quasi sempre non conoscono il Corano, bevono alcol, spacciano droga. Certamente sono pericolosi. Ci vuole un lavoro di intelligence e di contrasto anche forse militare. Ma certo questi terroristi non vengono con i barconi, non fuggono con bambini tra le braccia, non sono uomini e donne soltanto in cerca di un futuro migliore. Questo lo sanno tutti e chi accusa il Papa di essere comunista o filo islamico perché invita ad accogliere i migranti – a prescindere dalla loro religione – lo fa soltanto per un proprio misero tornaconto.

Di fronte a questi atti cruenti e insensati dobbiamo tenere i nervi saldi. Dimostrare che la religione non c’entra nulla con la violenza (purtroppo non è stato e non è ancora così), non comportarci – almeno a parole – peggio di loro. Dimostrare che lo stato di diritto valido per tutti è l’unica via percorribile per pacificare un mondo in preda al caos.

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