Una presa di posizione netta e impegnativa in favore di una ecologia integrale in grado di rispondere all’emergenza dei cambiamenti climatici
L’enciclica di Papa Francesco sull’ambiente, uscita qualche giorno fa, è un documento senza un destinatario preciso. Diversamente dalla tradizione, secondo cui le lettere redatte dai pontefici sono rivolte ai confratelli vescovi, ai presbiteri, oppure dei fedeli laici, oppure ancora a qualche specifica categoria. Questa volta no, perché l’enciclica è scritta per ogni uomo di buona volontà. Si tratta di una presa di posizione netta e impegnativa in favore di una ecologia integrale in grado di rispondere all’emergenza dei cambiamenti climatici. Ne hanno parlato tutti, ma qualcuno ascolterà per davvero?
Si susseguono gli appelli per l’accoglienza dei migranti. Il Papa chiede perdono per quanti preferiscono girarsi dall’altra parte. Tuttavia, almeno stando ai sondaggi di opinione, l’odio verso il diverso sta montando e ormai siamo abituati a frasi razziste e pericolosamente violente. Molti cattolici sono d’accordo con quanti predicano il disprezzo verso gli stranieri, dimenticandosi forse che il Dio della Bibbia comanda la solidarietà verso i poveri, gli ultimi, gli emarginati e appunto gli stranieri.
La Chiesa è in piena attività per la preparazione del Sinodo sulla famiglia. Sappiamo tutti quale visione del matrimonio e della famiglia propone la chiesa cattolica. L’amore dovrebbe essere per sempre e dovrebbe essere aperta alla vita. Sabato scorso centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in favore di questo modello, ma sappiamo ugualmente che la società nel suo insieme non la pensa così; spesso accade che, proprio quanti a parole sostengono questa impostazione, nella loro vita concreta si comportano in altro modo.
Si potrebbero moltiplicare gli esempi. Tra i cristiani intanto si litiga: l’ala per così dire di sinistra accusa l’ala destra di non ascoltare i pronunciamenti papali su pace, ambiente, povertà accoglienza; viceversa la destra accusa la sinistra di dimenticarsi delle parole della Chiesa su vita, famiglia, etica sessuale… Sono contrapposizioni sterili che non riescono a cogliere la realtà di fondo, il fatto cioè che sempre meno persone ascoltano gli insegnamenti della gerarchia cattolica, sia che essi provengano dalla cattedra di Pietro, sia dal pulpito anonimo di un prete di campagna. Gli stessi fedeli praticanti non se ne prendono cura. Anche noi facciamo così.
Come mai questa discrepanza? Forse la dottrina stessa dovrà essere riveduta? Forse l’atteggiamento dei credenti deve cambiare superando alcuni modelli ormai non più applicabili? L’etica individualista ha preso il sopravvento su tutto oppure è la struttura stessa del nostro rapportarci dalla vita ad essere cambiata?
Qualsiasi tipo di autorità ha perso peso: in un regime democratico ogni persona ha diritto di scegliere in che cosa credere, chi ascoltare, chi votare. Così ognuno imposta la sua vita come vuole. Un tempo, fino a qualche decennio fa, era abituale essere educati all’obbedienza a una qualche autorità: dal patriarca della famiglia al parroco del paese, dai rappresentanti delle istituzioni fino ai carabinieri. La democrazia richiede quasi di farsi da soli le proprie idee, benché conosciamo bene quanto oggi si sia moltiplicato il numero dei presunti maestri che credono di saper indicare la via del progresso. L’eccesso di libertà ha poi portato alla confusione generale e a un individualismo esasperato da cui vorremmo sfuggire.
Esiste una via media tra la libertà assoluta dell’individuo e una società gerarchica in cui la massa deve obbedire a pochi eletti? Esiste un modello di chiesa che superi quello odierno, ancora troppo verticistico, senza finire in un spontaneismo incontrollato? A volte sembra che la chiesa non abbia accettato la sfida della democrazia, anche al suo interno. I tentativi di tornare indietro, e di proporre schemi antiquati con l’intenzione di restaurare la tradizione perduta, sono vani. I fedeli laici hanno superato da tempo la fase infantile per cui era il clero che doveva agire, pensare, quasi credere per loro.
Occorre ripartire dalle comunità, avendo ben saldi i fondamenti della fede. Ormai la decisione di appartenere o meno a una chiesa è una scelta individuale: ognuno ogni giorno la deve fare. Le nostre comunità devono essere costruite intorno a questa scelta cercando di recuperare la voglia di donarsi agli altri… Forse soltanto così si giungerà a un vero spirito ecclesiale.
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