Quando arriva il momento della prova, della sofferenza incomprensibile, dell’ingiustizia, della persecuzione, vorremmo sentire la voce di Dio che ci garantisce che la prova ha un senso, che il bene prevarrà, che noi – succeda quel che succeda – saremo in salvo. Ma capita che proprio allora Dio taccia. Forse, però, lui parla per interposta persona e noi non prestiamo ascolto, oppure fatichiamo a dare credito a chi parla. Ed è anche comprensibile se si tratta di un bambino di 4 anni…
È questo che capita al pastore della chiesa metodista di Imperial, nelle campagne del Nebraska. Todd Burpo, sposato, due figli piccoli, una vita piena di impegni – oltre alla guida della comunità fa il carpentiere e il vigile del fuoco volontario, allena una squadra sportiva parrocchiale, e come tutti deve far fronte alla crisi economica d’inizio millennio. Lui, per la verità, con una marcia in più, perché crede, e sa che la fede non è a buon mercato, può richiedere un prezzo molto alto, anche la vita, ma è disposto a pagarlo perché non cerca la via più facile, così come non la cercava Gesù quando ha accettato la croce. Ed è sicuro di sé, mentre afferma queste cose dal pulpito della sua congregazione. In quello stesso giorno ha inizio la prova che lo metterà a terra: prima una brutta frattura della gamba, poi i calcoli renali che lo stendono sul presbiterio, infine l’appendicite perforata del figlio Colton, 4 anni, che rischia di morire sotto i ferri. A questo, Todd non era preparato, e mentre i medici stanno per perdere il bambino e la moglie in sala d’attesa chiede e ottiene le preghiere di tutta la comunità, lui nella cappella dell’ospedale contende con Dio.
Il bambino si salva, miracolosamente, ma la prova per il pastore non è finita, perché Colton comincia a raccontare di essere stato in paradiso, in braccio a Gesù, di aver ascoltato i cori degli angeli, di aver visto quello che facevano i genitori mentre lui veniva operato e di aver incontrato parenti di cui non conosceva l’esistenza.
Realtà o immaginazione acuita da un’esperienza emotiva simile a quella di pre-morte, come afferma la psicologia clinica? Todd Burpo non sa cosa credere. In fondo gli viene chiesto di credere a quello che lui stesso, come pastore, chiede ai bambini, ma se lo facesse tutta la città gli riderebbe dietro. Tanto più ora che la stampa nazionale si interessa al caso. Il Consiglio ecclesiale per bocca di Nancy Rawling prende posizione: A me non piace che sembri una specie di favoletta. Non mi piace che renda la nostra chiesa un magnete per chiunque voglia estrarsi il cervello dalla testa e colpirlo a morte con la Bibbia per poi far vedere al resto del mondo quanto siano credenti. Lui ha una settimana di tempo per farlo prima di venir rimosso dall’incarico.
Il pastore è in crisi profonda: non vuole rinunciare alla ragione, ma vuole anche credere al figlio che riporta cose dall’aldilà di cui non poteva sapere, e lo fa come se fosse la cosa più naturale del mondo…
Tratto da una storia accaduta nel 2010 che lo stesso Burpo ha raccontato in un libro divenuto un bestseller negli Stati Uniti, il film “Il paradiso per davvero“ è arrivato in Italia attraverso il canale televisivo e l’homevideo.
Appartiene al genere religioso apologetico americano di ambito protestante liberale e rischia di essere preso anche dal pubblico cattolico né più né meno di come teme Nancy Rawling.
Tuttavia il regista e sceneggiatore Randall Wallace è abile nel mettere a fuoco il lato debole e quello cieco del pastore: una visione superomistica della fede che non regge la prova della realtà, e l’incapacità di annunciare una parola autentica su morte e trascendenza – un punto, questo, che riguarda tutti al di qua e al di là dei confini geografici e confessionali.
La soluzione del conflitto passa per una fede che non elude la realtà del dolore, ma riesce a guardare oltre, grazie all’esperienza concreta dell’amore che solo permette di tenere insieme, indissolubilmente legati, terra e cielo, morte e resurrezione. E grazie all’ascolto di una campanella.
Lascia una recensione