Papa Francesco, con il suo Messaggio in occasione della Giornata della Pace, sceglie le questioni legate all’intelligenza artificiale, materia che alla maggior parte delle persone appare astratta, complicata, distante. Al massimo, riusciamo ad intuirne i contorni, ma non riusciamo a metterla a fuoco. Il grande merito di Francesco è proprio quello di farci capire che, nel bene e nel male, l’incidenza delle intelligenze artificiali (un plurale non casuale) determinerà il nostro destino, come singoli e come intera umanità. E la riflessione del Papa – più che mai “universale”, diretta cioè a tutti e non solo ai credenti – è come la campanella dell’ultimo giro quando tutti lanciano lo sprint e in assenza di regole vince chi sgomita di più, chi ha meno scrupoli, chi ha più interessi, chi se ne frega delle conseguenze per gli altri. Un giro di pista decisivo al punto che Francesco ne traccia l’orizzonte e con esso anche il rischio del baratro: la questione del “senso del limite”, che ormai abbiamo smarrito, quale effetto di una cultura dominante “tecnocrate ed efficientista”.
“L’essere umano, mortale per definizione, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso”; rischia, “nella ricerca di una libertà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica”. Con un linguaggio semplice e diretto, Francesco fa sue e rilancia proprio quelle domande che da tempo vengono formulate da chi si interessa di queste cose (e che abbiamo affrontato più volte anche in questo spazio dell’Oblò Digitale”): c’è davvero il rischio che l’Intelligenza Artificiale sfugga di mano, che arrivi al punto di dominare anche l’uomo?
Le nuove tecnologie hanno già cambiato la nostra vita e la cambieranno ancor più in futuro. Ci hanno messo a disposizione strumenti formidabili che ci aiutano nella quotidianità (pensiamo alle applicazioni dei nostri telefonini); ci offrono nuove speranze nel campo medico; ci consentono connessioni che non conoscono barriere; ci scrivono testi e ci costruiscono, a richiesta, persino le canzoni; ci garantiscono memoria per il passato, ci offrono chiavi di lettura per il presente, ci definiscono le coordinate per progettare il futuro.
Sappiamo che ci sono le fake news, ma ci è sempre più difficile individuarle, e davanti ad una immagine, abbiamo già imparato a chiederci: sarà vera o è stata prodotta da sistemi di intelligenza artificiale? Gli attori di Hollywood hanno scioperato per mesi cercando di impedire che la loro voce o il loro volto possano venir usati – a loro insaputa – per altri film. In Italia è già stata chiusa la prima redazione giornalistica, gli articoli verranno scritti da sistemi di Intelligenza Artificiale. La rivoluzione industriale aveva portato le macchine a svolgere i lavori più pesanti: un indubbio beneficio anche se, dal punto di vista socio-economico, ciò ha portato alla riduzione della cosiddetta “classe delle tute blu”. L’innovazione delle AI sta mettendo a rischio “i colletti bianchi”, le classi medie, i pilastri delle comunità.
Negli ultimi dodici mesi, da quando è stata realizzata, la app più scaricata al mondo è quella di ChatGPT. Uno strumento in grado anche di fornire risposte semplici a domande impossibili, semplicemente elaborando in tempi brevissimi (una manciata di secondi) una infinita quantità di dati. Risposte – sottolinea Francesco – che possono essere anche sbagliate, infondate o destinate ad aumentare pregiudizi. A cui si aggiungono il possibile uso improprio, “come la discriminazione, l’interferenza nei processi elettorali, il prendere piede di una società che sorveglia e controlla le persone”. Sino all’“inasprimento di un individualismo sempre più scollegato dalla collettività”.
Non ce ne accorgiamo, ma molte cose della nostra quotidianità sono ormai determinate da algoritmi che manco sappiamo cosa sono, ne ignoriamo gli schemi (del resto sono considerati dei segreti industriali e dunque beni aziendali da proteggere): profilano e delineano l’identità delle persone, i loro gusti, le loro scelte. Servono per stabilire cosa vediamo sui social network e per inviarci la pubblicità sempre più mirata sui nostri gusti. Pare siano già usati dalle banche per concedere i mutui, alcune aziende li usano per le assunzioni, le squadre di calcio si affidano proprio agli algoritmi per ingaggiare un calciatore. Sono sempre più i computer a fare le scelte che dovrebbero spettare all’uomo, con la sua preparazione, la sua coscienza, la sua umanità. In più, precisa Francesco, “il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità delle persone venga identificata con un insieme di dati”.
Abbiamo le automobili a guida automatica. E abbiamo pure la guerra fatta con i missili che vengono lanciati sulla base di valutazioni elaborate dall’Intelligenza Artificiale. La guerra da remoto, ricorda Francesco, ha portato a una minore percezione della devastazione da essa causata e delle responsabilità del loro utilizzo. “Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più “artificiale”.
Il richiamo di Francesco sembra voler alzare un grido di allarme rivolto specificatamente in tre direzioni. La prima è quella relativa al mondo della formazione. L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale “dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico”, e invita studenti e professionisti “a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia” e ad isolare “l’inquietante recrudescenza di paure ancestrali che hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro le nuove tecnologie”.
In secondo luogo, Francesco rivolge un appello ai ricercatori perché l’intelligenza artificiale sappia sempre rispettare “valori umani fondamentali come l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità”, anche perché ricerca scientifica e innovazioni tecnologiche sono “soggette alle influenze culturali”
Infine, Francesco suona la campanella dell’ultimo giro soprattutto per chi ha le responsabilità di governo del mondo. Il prossimo anno, proprio le questioni legate all’Intelligenza Artificiale saranno in cima all’agenda delle riunioni del “G7” e l’Europa (dopo il lavoro fatto dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo) potrebbe varare una legge che sarebbe la prima a livello mondiale.
Ma Francesco sembra voler alzare l’asticella: deve esserci un impegno generale, nessuno escluso. “C’è bisogno – conclude – di organismi internazionali incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati”.
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