Credevamo che con la fine della II Guerra Mondiale non potessero più accadere certi fatti e non risuonassero più certe parole. Invece, nell’indifferenza del nostro mondo occidentale, sembra che la storia si stia ripetendo. Abbiamo la voce di papa Francesco ma da solo non può farcela davanti al potere dei vari Trump, Putin, Orbàn… Sono giorni tristi, sembra di assistere di nuovo al crollo della civiltà. La guerra è all’ordine del giorno: eppure basterebbe utilizzare una minima parte dei soldi buttati in armamenti per risolvere molte situazioni che generano crisi umanitarie e quindi le migrazioni. Ci vorrebbe una rivoluzione, perché la guerra appare inseparabile dall’esistenza umana… Numerosi testi biblici sono veri e propri inni bellici che invitano a distruggere gli altri popoli per prenderne il posto. E così è avvenuto nella storia. Come uscire da questo circolo vizioso?
Giovanni
Vorrei cominciare questo mio tentativo di risposta partendo da un argomento che, a prima vista, sembrerebbe non riguardare la tua domanda. Nelle nostre chiese utilizziamo sempre la parola “salvezza” che è al cuore dell’annuncio cristiano. Oggi forse non sappiamo più bene che cosa significhi. Cosa vuol dire la liberazione dal male? Ecco, ovviamente non si riesce in poche righe a rispondere. Tuttavia tempi come questi ci fanno capire che la prima salvezza risiede nella liberazione dall’odio e dalla paura. Aggiungiamo anche dall’indifferenza. È ridicolo richiamare qualche articolo del Catechismo sulla regolamentazione dei flussi migratori, contrapponendolo alle parole di Gesù del Vangelo. Chi lo fa non ha capito nulla della religione che dice di professare.
Le tue riflessioni aprono uno squarcio inquietante: perché la storia sembra ripetersi pure nei suoi lati peggiori? E ancora: sembra che i processi storici abbiano una forza inerziale irresistibile. Quando si imbocca una direzione pare che sia impossibile modificare la rotta. Non può riuscirci neppure una personalità come Papa Francesco.
La nostra civiltà sta davvero di nuovo crollando come è avvenuto 90 anni fa? I paragoni con gli anni ’20 non sono impropri, benché la situazione economica non sia compromessa come allora. Tuttavia lo sdoganamento di un linguaggio violento, quasi bellico, connesso con la diffusione dell’idea del “padroni in casa nostra” ad ogni livello, ci fa ripiombare in quei tempi bui. Ripetiamolo: non è una questione di tecnicalità politica, di legittima diversità di approcci come è avvenuto negli ultimi decenni. No, qui siamo di fronte a qualcosa che riguarda direttamente una crisi culturale e spirituale dell’Europa.
Dopo la II Guerra mondiale molti filosofi (e teologi) tedeschi si sono chiesti come sia stato possibile che uno degli orrori più grandi della storia si sia compiuto proprio in Germania, forse il Paese culturalmente più avanzato. Come è stato possibile? Le “spiegazioni” si sono moltiplicate e sovrapposte: alla fine però resta l’enigma della storia, al di là delle responsabilità individuali che pure evidentemente ci sono state.
Oggi siamo di fronte a una situazione simile non dal punto di vista quantitativo (non siamo alle soglie di una guerra di conquista oppure di un genocidio) ma qualitativamente il salto verso il basso è analogo. La guerra, la corsa agli armamenti, lo sfruttamento generalizzato, le conseguenti crisi umanitarie sono all’ordine del giorno. Tutto questo non è una novità. Il pericolo maggiore, lo ripeto ancora, sta nel linguaggio, nell’atteggiamento muscolare impersonato per esempio nei tre personaggi che hai citato. Sappiamo che prima o poi queste parole si possono tradurre in fatti concreti. Ed è impossibile risalire la china.
Ci vorrebbe una rivoluzione, dici tu, se anche la Bibbia incita alla violenza. Occorre però leggere anche l’intenzione del testo che, pure nel libro di Giosuè, non esalta mai la guerra in quanto tale. Ovvio che quei testi vanno storicizzati e interpretati. Le grandi visioni di pace universale della Bibbia vanno anch’esse collocate nel giusto contesto: sono profezie ideali, alle soglie della storia. Non credo che sia giusto sperare in una rivoluzione. Darsi da fare sì per creare un orizzonte alternativo. Perché la vera rivoluzione forse si può fare soltanto dentro di noi. E questa, come scriveva Bonhoeffer, “ha il suo fondamento in Dio che esige che l’uomo assuma liberamente nella fede il rischio dell’azione responsabile e che promette perdono e consolazione a chi così facendo diventa peccatore”.
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