Il tempo stringe, nella Chiesa c’è bisogno di dinamismo

Un appuntamento del percorso sinodale in diocesi. Anche in Austria e in Germania i percorsi sinodali sono stati molto partecipati

Al Sinodo dei vescovi che si apre in questi giorni tre persone rappresentano la Chiesa austriaca. Sono il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn, l’arcivescovo di Salisburgo Franz Lackner e la teologa pastorale Klara-Antonia Csiszar di Linz. Nell’area di lingua tedesca c’è grande attenzione per questo appuntamento che è stato preceduto, in particolare in Austria e Germania, da percorsi sinodali molto partecipati. Le aspettative di cambiamento sono alte.

Mons. Franz Lackner, intervistato dal settimanale della sua diocesi, si dice convinto che la Chiesa cambierà, pur rimanendo se stessa. Le fonti della fede restano invariate, ma ci sono esperienze di fede che sono legate al loro tempo. “La fedeltà alle proprie origini da sola non basta, serve saper entrare in modo efficace nel mondo di oggi. Per questo la Chiesa cambierà”.

Il vescovo di Salisburgo fa notare come i temi emersi nelle fasi presinodali siano simili in tutto il mondo, anche se il modo di presentarli è talvolta molto diverso. “È una novità anche il fatto che gran parte del documento sia costituito da domande”. L’Instrumentum laboris “non è un ‘catalogo di richieste’ ma una guida alla discussione e alla riflessione”.

Dalla Germania giunge la voce del teologo Michael Wüstenberg, a lungo vescovo di Aiwal in Sudafrica. Intervistato dal portale svizzero kath.ch dice subito che la Chiesa dovrebbe prendere esempio dalla dinamicità delle prime comunità cristiane. “In quelle comunità succedono molte cose. Non troverete l’inerzia, l’attesa e il rimandare le cose a dopo. Lì semplicemente si agisce”. E aggiunge: “Mi innervosisco un po’ quando si dice che certe riforme hanno bisogno di altri 40 o 50 anni prima di poter essere attuate. Non deve essere così”.

A leggere gli Atti degli Apostoli, spiega, si vede come la partecipazione dei fedeli e l’azione sinodale siano stati già allora decisivi. Anche i primi cristiani si sono seduti insieme e hanno cercato soluzioni insieme. “E lo hanno fatto in modo rapido, inclusivo e intenso. Con la partecipazione del maggior numero possibile di persone”, a volte anche con accese discussioni. Guardando a Roma mons. Wüstenberg ribadisce l’idea: “Il tempo stringe. Sono necessari dei cambiamenti. C’è bisogno di dinamismo nella Chiesa”. Negli stessi giorni, a Vienna, si è espresso mons. Michael Landau, presidente della Caritas austriaca. La Chiesa, ha dichiarato al quotidiano Kurier, “troppo spesso risponde a domande che nessuno le pone più e non dà risposte alle domande che le vengono poste”. E mette in guardia da un dibattito intraecclesiale che assomiglia troppo alla dialettica tra partiti politici.

“Papa Francesco ci insegna che nella Chiesa non c’è un giudizio di ‘giusto e sbagliato’ come in un tribunale. La Chiesa è un ospedale da campo”. In esso “le persone con le ferite della vita non vengono abbandonate. Questo è ciò di cui la gente ha ancora bisogno oggi. Per questo sono fiducioso rispetto al futuro della Chiesa”.

Più della teologia conta la capacità di ascoltare e di farsi prossimo, sembra dire Landau. I punti di forza dell’azione caritativa della Chiesa risiedono proprio nelle sue attività quotidiane, ha concluso riferendosi a quanto avviene ogni giorno nelle tremila parrocchie austriache. Esse danno risposte “alle persone sole, ai genitori single, offrono opportunità di apprendimento per i bambini, l’impegno dei volontari sta crescendo”.

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