Tre ore di emozioni sportive distillate allo stato puro, la tensione agonistica arroventata dalla logorante ritualità del tennis. Una prima serata tv memorabile, in cui la competizione ti attira e ti conquista, come se il tuo divano fosse lì, a fondo campo del Pala Alpitour di Torino.
Anche questo è stata per tanti di noi la memorabile prima vittoria di Jannik Sinner su Novak Djokovic, non decisiva per queste ATP Finals ma forse determinante nel consacrare il tennis – pur con i suoi silenzi e le sue lentezze – a prelibato spettacolo televisivo anche nel servizio pubblico, promosso in prima serata su Raidue.
Il merito non va solo alle doti tecniche, atletiche e umane del ventiduenne altoatesino, ma anche alla rutilante ambientazione della kermesse torinese – luci da show americano, intervalli da discomusic (fin troppo) tambureggiante – e soprattutto ad una regia internazionale magistrale nel cogliere volti e tic, scarpe e gocce di sudore. O nel riproporre i colpi al replay, nello scovare i tifosi più eccentrici (con scorta di carote, simbolo di Sinner) e rendere protagonisti gli allenatori con i loro consigli sussurrati con gli occhi. O nel segnalare le reazioni dei parenti: anche il granitico Hanspeter, padre di Jannik, si è sciolto di gioia a fine gara. Che è stata soprattutto una studiatissima partita a scacchi (non chiamiamola “battaglia”, di questi tempi, non nominiamo “armi vincenti”), dove i due giocatori sapevano di poter disporre di pezzi di pregio e altrettante mosse. Fino allo “scacco al re” dell’alfiere di San Candido, volto acqua e sapone, muscoli da tensostruttura. “Abbiamo vinto insieme”, l’omaggio al pubblico di un Sinner sempre più disinvolto (nel suo italiano essenziale, ma espressivo), amato dai tifosi per determinazione e pacatezza, criticato solo per il suo “rifugio” fiscale a Montecarlo. Il Barone Rosso “bucherà” ancora il teleschermo, se resterà fedele alle sue radici altoatesine, al suo vero rifugio pusterese, decidendo magari di mettere la sua popolarità e la sua (sproporzionata) ricchezza a servizio di qualche buona causa sociale.
Ma la critica televisiva sul debutto del tennis in prima serata deve registrare anche troppe interruzioni pubblicitarie che impediscono di seguire i tennisti nel cambio-campo, una fase pure spettacolare. Una bocciatura per la telecronaca di Marco Fiocchetti e i commenti di Adriano Panatta che stufano per il tono quasi sciatto da bar dello sport, infarcito di battutine e scaramucce personali, viziato da un “io” strabordante e fastidioso per il pubblico a casa.
Che invece chiederebbe piuttosto di apprendere il significato di termini tecnici (dal “serve-and-volley” agli “errori non forzati”) o talune regole del grande tennis, ignote alla grande massa dei telespettatori. Per questo (forse) la Rai ha fatto “solo” il 14% di share, martedì sera: gli appassionati scelgono un altro canale per seguire Sinner con commenti meno autoreferenziali, più utili. Come in campo, è il servizio che conta.
Azzeccato!
Centrato! Pubblico da depredare, esattamente come quello degli US Open, Bercy etc.
Assolutamente d’accordo. Panatta è sempre stato così, scocciato e annoiato ma rimane un campione. Fiocchetti campione di ignoranza,puerile e maleducato che esulta per un doppio fallo. E lo pagano!! Che paura
Trovo più che Panatta o Cané (che sono molto competenti) assolutamente poco sopportabile marco fiocchetti, con questi toni tronfi ad incensare la Patria, i nostri ragazzi, la Vittoria. Un registro guerresco di cui secondo me non c’è bisogno. Non credo sia uno spirito di sportività sana.