Il fuoco delle scelte radicali

Ger 38,4-6.8-10

Salmo 39 (40)

Eb 12,1-4

Lc 12,49-53

Cosa vuol dire per me seguire Gesù? Cercare la tranquillità o lasciarmi inquietare dalla sua Parola? Quali parole di Gesù spingono ad essere attivo nel cercare il Regno di Dio e la sua giustizia? La nostra Chiesa sa schierarsi dalla parte di Dio che difende i deboli?

La passione per Dio e la compassione per i sofferenti ha mosso tutta la vita di Gesù fino alla sua morte. È stato crocifisso perché è sempre andato oltre ciò che è convenzionale. Non è mai stato assoggettato alla «monotonia del buon ordine» e non è mai stato affascinato dalla freddezza delle norme. A muovere ogni suo passo è stata sempre la coscienza di una missione da compiere: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12,49). Lo stesso concetto lo troviamo anche in un altro splendido detto di Gesù tramandato dai Padri della Chiesa: «Chi è vicino a me è vicino al fuoco, chi è lontano da me è lontano dal Regno».

È la terza volta che in questo Vangelo appare l’immagine del fuoco. La prima volta la troviamo nelle parole terribili del Battista, immagine del castigo che distrugge i peccatori (Lc 3,20). La seconda il fuoco fu invocato da Giacomo e Giovanni per distruggere i Samaritani che si erano rifiutati di accogliere Gesù (Lc 9,54). Non è un fuoco che incenerisce e consuma quello che è venuto a portare Gesù. Egli prende le distanze da tutti coloro che vogliono appiccare il fuoco della durezza, del giudizio e della spietatezza sulla terra. Il suo era il fuoco che ardeva nei profeti: la passione per la parola di Dio! Certo, non ripete le parole di tutti, non si aggrega al coro dei più. Ed è per questo che la sua Parola genera incomprensioni, divisioni, ritorsioni. Gesù va contro corrente, quando tutti scommettono sull’astro vincente, sulla potenza vera o presunta che si sta affacciando all’orizzonte. Il grande peccato dei cristiani sarà sempre nel permettere che questo fuoco di Gesù si vada spegnendo. «A che serve una Chiesa di cristiani comodamente adagiati nella vita, senza nessuna passione per Dio e indifferenti di fronte alla sofferenza delle persone?» (J. Antonio Pagola). Gesù sapeva bene che in un mondo ingiusto, il suo modo di vivere lo avrebbe condotto a essere perseguitato, a essere immerso in una morte violenta (cfr. Is 43,2) come avverrà nell’ora della passione. (Questo è il battesimo che deve ricevere!)

Lungo tutta la sua vita Gesù ha cercato di accendere sulla terra il fuoco del Regno di Dio, amore per il Padre e per l’umanità. E nemmeno i suoi discepoli dovranno stupirsi delle incomprensioni, delle persecuzioni che si accenderanno contro di loro. Gesù d’altra parte lo aveva loro preannunciato (cfr. Mc 10,38). Di fronte a una simile eventualità, mai completamente assente dalla vita del credente e dalla storia della Chiesa, si può restare turbati. Ma Gesù non esita a usare parole ancora più nette. Citando un oracolo del profeta Michea dice che persino nelle famiglie sorgeranno incomprensioni gravi e divisioni e i componenti si porranno l’uno contro l’altro (cfr. Mi 7,6). Gesù è davvero «segno di contraddizione» (Lc 2,34) perché di fronte alle esigenze radicali da lui poste occorre prendere posizione: o si sceglie di vivere come lui ha vissuto, o si rifiuta la sua persona, magari continuando a dirsi cristiani. Vivere come lui è certamente vivere il conflitto, purchè, come dice don Primo Mazzolari, «non sia né sistematico, né partigiano, né per angustia mentale, molto meno per concorrenza… Ciò che guasta non è la saldezza dei principi, ma la loro incauta e disumana interpretazione e applicazione».

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