Per tornare alla Val di Cembra, nel corso dei secoli, terriccio e sassi furono portati sulla schiena dai contadini, dal fondovalle dell’Avisio, dentro un “cestòn”, un recipiente di vimini intrecciati. La scarsità del raccolto, costrinse i valligiani a distillare la grappa di contrabbando. Era detta “fil de fer” perché, per sfuggire ai controlli della Guardia di Finanza, i bottiglioni di grappa erano interrati fra le vigne. Per indicare il nascondiglio, un filo di ferro usciva dalla terra e si avvolgeva al fusto della pianta. Ma era anche detta “acqua de l’Avis” o “acqua santa”.
Sul doss Caslìr di Cembra fu trovata (1828) una secchia di bronzo usata per il vino, una situla (alta 28 cm., larga 30 cm.) che i Reti e gli Euganei avevano mutuato dagli Etruschi.
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