Ci volevano tre uomini discendenti di emigrati italiani (Scorsese, DiCaprio, De Niro) per rendere giustizia – almeno sul grande schermo, con un “western crime drama” – alle donne pellerossa del popolo Osage, Oklahoma, prima corteggiate e sposate, poi ferocemente massacrate o dolcemente avvelenate, per ereditare le loro terre rigurgitanti profittevole petrolio.
Killers of the Flower Moon, tre ore e ventisei minuti di tragedia scespiriana trapiantata in terra indiana (dall’omonimo libro di David Grann), è lento e potente, Scorsese è un maestro, e i suoi due protagonisti sono magistrali. E se De Niro (il “re” Hale) è la maschera cinica del Grande Vecchio malefico, DiCaprio (Ernest Burkhart, cattolico!) è straordinario nell’incarnare il reduce dalla prima guerra mondiale che torna con un intestino squassato, l’assenza di bussola morale e non un etto di personalità in quel corpo greve: è quello che i trentini di una volta chiamavano “torobét”, giocattolo nelle mani dello zio De Niro che gli fa fare, credere, firmare quel che vuole. E lui non discute, esegue, non si sporca le mani ma passa gli ordini affinché i delitti siano compiuti da altri lestofanti, ama a suo modo la sua Mollie (che ha il volto ovale, antico, di Lily Gladstone, classe 1986, discendente dei Nasi Forati) ma intanto la avvelena con aggiunte venefiche alle fiale di insulina, si fa un po’ schifo ma non si ribella mai (se non nel finale, con l’“arrivano i nostri” impersonato dai detective Fbi). Uomo senza qualità, l’Ernest.
Qualche caduta di stile per regalarci un tocco di macabro, ma indimenticabili alcune scene: l’iniziale doccia nera di petrolio zampillante sugli Osage, la morte della madre indiana che si alza dal suo letto per seguire gli avi, il fuoco danzante e la danza a cerchi concentrici del finale, ripresa dall’alto di un drone, con centinaia di figure multicolori che cercano un’impossibile sopravvivenza al dominio yankee. E la ricostruzione radiofonica della vicenda, in diretta, con i rumoristi che riproducono i suoni della drammatica storia di fronte a un pubblico muto e stupefatto.
Perché gli uomini si meravigliano della propria crudeltà, delle orrende cose che gli fa fare la sete di denaro. Ma continuano a fare orribili cose, sulla terra sotto il grande cielo che aspetta le nostre anime perdute. Orribili cose, sotto la luna che riempie la terra di fiori, laggiù nel West. Orribili cose.
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