I cento giorni del coronavirus in Cile

La Chiesa cilena attraverso la Caritas ha promosso la campagna “Nessuno resta solo”. Foto Sir

Doveva essere in Italia in questi giorni, ma non ha avuto modo di volare dal Cile, dove, a Santiago, opera come missionario. Padre Christian Borghesi, originario di Rallo, testimonia in questa lettera il progredire della pandemia Covid-19.

Carissimi amici e amiche, la situazione che stiamo vivendo nella periferia di Santiago del Cile è abbastanza simile a quanto vi è toccato vivere in Italia.

Il Cile ha quasi 17 milioni di abitanti, 7 dei quali concentrati nella città di Santiago. La capitale è divisa in 32 comuni. Noi viviamo nella periferia sud, nel comune di San Ramón (86.500 abitanti), affacciati sulla strada di confine con il comune di La Granja (122.000 abitanti). La chiesa parrocchiale, il Santuario Inmaculada Concepción, si trova all’incrocio di due grandi arterie stradali, conosciuto come “il 25 di Santa Rosa”, incrocio nevralgico che è stato centro di forti manifestazioni di protesta da ottobre a marzo: alcune pacifiche, altre che hanno portato al saccheggio, incendio e distruzione della gran parte degli edifici commerciali e servizi che ci circondavano.

LA SITUAZIONE SANITARIA

All’inizio di marzo ha cominciato a diffondersi a Santiago il coronavirus, prima nei quartieri ricchi della gente che tornava dai viaggi all’estero, e poi in centro città e in periferia. Noi siamo in quarantena volontaria, come suggerito dal Governo e dalla Chiesa, dal 16 marzo, giorno in cui sono state chiuse le scuole e vietate le riunioni e le celebrazioni; il comune di San Ramon è in quarantena obbligatoria dal 1° maggio.

I casi di contagio sono aumentati rapidamente soprattutto in maggio e in giugno, mesi nei quali i comuni di San Ramon e La Granja si sono installati nel podio dei comuni cileni con il più alto indice di contagio per numero di abitanti, con 2,6 casi di contagio ogni 100 abitanti al 7 di giugno. L’indice di contagio della nostra zona è quasi il doppio della città di Santiago, che è di 1,4 ogni 100 abitanti, esattamente come a Bergamo, mentre in Cile è 0,8%.

LA SITUAZIONE ECONOMICA

La periferia dove viviamo è una zona povera di per sé, terra di narcotraffico e scarsa di risorse lavorative, un dormitorio con poche fabbriche e pochi servizi. I giovani che riescono a ottenere una laurea e un buon lavoro vanno altrove. Rimangono i più poveri.

In Cile è normale fare debiti: due famiglie su tre vivono indebitate; il 75% dello stipendio è destinato a pagare mutui e debiti. Nella nostra zona di periferia è lo stile di vita di quasi tutte le famiglie.

Il Governo ha aspettato più a lungo possibile per mettere in quarantena i comuni di periferia, ben sapendo che la nostra gente non sarebbe potuta rimanere chiusa in casa per più di 10-15 giorni, dato che non ha risparmi con cui fare le scorte, né carte di credito o conti correnti con cui comprare on-line. Per i molti lavoratori con contratto che non stanno lavorando, il Governo ha pensato ad una ‘cassa integrazione’. Alcune ditte hanno pattuito una sospensione provvisoria del lavoro, continuando a pagare ai dipendenti il 50% dello stipendio.

GLI AIUTI

Gli aiuti statali sono arrivati sotto forma di una cassa di alimenti, distribuita alle famiglie della fascia medio-bassa direttamente a casa loro, purché inscritte nel Catasto. Sono rimaste escluse persone senza fissa dimora o con una abitazione o appartamento non registrati. Anche la maggior parte dei comuni hanno distribuito una cassa di alimenti alle persone bisognose. E anche i collegi hanno aiutato le famiglie dei loro alunni. Vi sono poi aiuti spontanei gestiti da associazioni civili e religiose.

LA NOSTRA PARROCCHIA

Nella nostra Parrocchia Santuario dell’Immacolata siamo quattro frati, due rumeni e due italiani entrambi del Trentino (io e fr. Matteo Martinelli ), che coordiniamo la vita pastorale. Negli ultimi 40 anni questa zona, prima rurale, è diventata periferia della città. In questi tre mesi in cui il Santuario è dovuto rimanere con le porte chiuse, senza celebrazioni né gruppi né attività, abbiamo continuato a mantenere i contatti soprattutto on-line, pregando e celebrando tutti i giorni in diretta.

Per la nostra gente è importante, dopo 100 giorni di quarantena volontaria e 45 di quarantena obbligatoria, poter sentire il calore del dialogo, della preghiera, delle immagini del Santuario e dei frati, ed essere aiutata a mantenersi in contatto nei vari gruppi dei quali era parte. Queste reti hanno permesso di conoscere i nomi e pregare per i molti contagiati, purtroppo alcuni deceduti (pochi finora grazie a Dio!), e anche di ringraziare per quanti sono guariti. Anche qui sono state distribuite casse di alimenti a un centinaio di famiglie.

I MIGRANTI HAITIANI

Una particolarità del

Padre Christian Borghesi
Padre Christian Borghesi, missionario in Cile

la nostra parrocchia è l’attività realizzata con i migranti haitiani, arrivati numerosi in Cile negli ultimi cinque anni. Tra gli stranieri presenti nella nostra comunità sono quelli con maggiori difficoltà di integrazione. In questi anni ci siamo specializzati nell’accoglienza e nell’insegnamento dello spagnolo. Sono nati alcuni progetti che sono diventati punto di riferimento e modelli da copiare. Dallo scorso anno questi percorsi si sono consolidati e istituzionalizzati con la creazione di una Fondazione senza fini di lucro (Fundación Bienvenido Hermano) e con l’aiuto di un progetto finanziato dalla Caritas Antoniana.

 

UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

Negli ultimi cento giorni la situazione è andata peggiorando. Viviamo con la speranza di vedere presto un’inversione di tendenza nella curva dei contagi e una luce in fondo al tunnel. Quel che stiamo facendo è grazie al sostegno di benefattori cileni e italiani che si fidano di noi, e che ringraziamo per continuare a permetterci di fare il bene in queste periferie terr

itoriali ed esistenziali, privilegiando i più bisognosi.

Pace e bene… dalla periferia di Santiago del Cile.

Padre Christian Borghesi

missionario in Cile

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