Fuoco, rugiada, conforto… ed altro ancora

I lettura: Atti degli Apostoli 2,1-11;

II lettura: 1Corinzi 12,3b-7.12-13;

Vangelo: Giovanni 20,19-23

I pittori hanno immaginato Dio, il Padre, come un grande vecchio dalla barba bianca. Al Figlio hanno dato il volto di Gesù di Nazaret. Lo Spirito santo… eh, qui è più difficile lavorare d’immaginazione: non sappiamo quale volto dargli. I Vangeli l’hanno raffigurato in forma di colomba, ma è ovvio che non si tratta di un volatile. Oppure come fuoco (anche san Luca nella prima lettura di Pentecoste parla di fiamme di fuoco che si posano sopra le teste degli apostoli), ma è ovvio che non è un falò lo Spirito santo.

Ma poi, è proprio necessario dargli un volto? Forse è così misterioso, o sono così tante le sue competenze, che nessun volto è in grado di coglierle tutte assieme. Ma allora, perché non guardare a queste competenze, cioè proprio a quello che sa fare?

Nel canto (cosiddetto “sequenza”) che precede il Vangelo di questa festa, vengono presentate. Padre dei poveri lo si definisce. Ci sono momenti nella vita nei quali – anche se si ha tutto – ci si sente lo stesso poveri, impotenti…

Datore dei doni: oh non i doni del Natale o delle feste di compleanno. I veri doni sono quelli che di solito chiamiamo doti: l’intelligenza, ad esempio, l’amore, la creatività, la costanza… (e l’elenco potrebbe continuare).

Luce dei cuori: a chi non accade di trovarsi in qualche situazione ingarbugliata, in un momento di smarrimento e dover dire “Non ci vedo chiaro”? Vieni, luce dei cuori…

Consolatore perfetto, dolcissimo sollievo… Noi possiamo cercare di consolare chi è nella tristezza, possiamo dirgli “fatti coraggio”, ma il coraggio non glielo possiamo dare. Lo Spirito santo invece sì: vieni consolatore perfetto.

Bagna ciò che è arido: l’aridità, e chi non ha esperienza di aridità? Non aver più stimoli per fare le cose con entusiasmo, per non smettere di amare, per continuare a credere, a pregare… Vieni e bagna ciò che è arido!

Sana ciò che sanguina: ci sono ferite del corpo, ma ci sono anche ferite dell’anima; piaghe provocate da esperienze di vita che continuano a far male, stentano a rimarginarsi… Vieni e sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido… Certe testardaggini, ad esempio, certi comportamenti sbagliati e ostinati, certe ottusità che più passano gli anni più si sclerotizzano e diventano dure come pietra. Vieni e piega ciò che è rigido!

Scalda ciò che è gelido… Penso all’insensibilità di fronte a certe tragedie umane che capitano anche ai nostri giorni. Sarà la paura, sarà che se ne sentono troppe, ma non è una buona ragione perché il cuore diventi di ghiaccio. Vieni, Spirito santo e scalda ciò che è gelido…

A questo punto – anche se non sappiamo quale volto dargli – non è poi così importante. Più importante è sapere che queste (e altre ancora) sono le sue competenze: quello che può fare, o più esattamente, quello che potrebbe, che vorrebbe fare. Perché mai uso il condizionale?

Perché vi è una condizione, appunto, un presupposto: lo chiarisce bene Gesù nel vangelo di questa solennità. Il giorno di Pasqua, risorto, si presenta nel cenacolo ai suoi discepoli e dice: “Il Padre ha mandato me in questo mondo, adesso io mando voi”. Tra quei discepoli ora ci siamo anche noi: è proprio noi che manda il Signore. Dove? Nella vita, nella nostra vita reale, fatta di giorno dopo giorno: ecco la nostra terra di missione. Perché un conto è esser lì ad occupare un posto, altro conto è esser lì per mandato, per incarico da parte di qualcun altro. Noi cristiani non siamo al mondo solo per occupare un posto: la nostra vita è missione, al punto che se non la viviamo così ci si svaluta tra le mani e diventa una banalità.

Sì, ma per ogni missione bisogna anche essere equipaggiati, attrezzati. E infatti non manca l’attrezzatura: Detto questo Gesù soffiò su di loro e disse loro:Ricevete lo Spirito santo”. Ecco l’equipaggiamento, l’attrezzatura per vivere la nostra esistenza come missione. Chi vive un’esistenza individuale, o familiare, chiusa come un guscio, stia pur certo: non può ricevere lo Spirito santo. Cosa se ne farebbe dell’equipaggiamento uno che non viaggia mai?

Chi invece vive la sua esistenza con senso di responsabilità (verso Dio che gliel’ha donata e verso gli altri, vicini o lontani che siano), costui sì: può aspettarsi il sostegno dello Spirito santo. Lo può desiderare, domandare e ricevere. E non una volta sola (al Battesimo, o alla Cresima), ma sempre, tutti i giorni, perché Dio non è affatto avaro nel donarlo. E lo Spirito stesso non desidera altro che donarsi a coloro che sono nelle condizioni di poterlo ricevere. Buona Pentecoste, pertanto: che possiamo essere anche noi tra questi.

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