I lettura: Daniele 12,1-3;
II lettura: Ebrei 10,11-14,18;
Vangelo: Marco 13,24-32
“In quei giorni… il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte”. No, non è una prospettiva molto allegra quella che dischiudono in questa domenica la prima lettura e il vangelo. Angoscia, tribolazione, con tutto ciò che le segue: ma il cielo riserverà all’umanità proprio una tale sorte? Davvero Dio, che ha creato un cosmo così affascinante, alla fine lo distruggerà, come fa un bambino capriccioso con un giocattolo che non gli piace più?
Qualcuno ha avanzato un’interpretazione diversa che è degna di essere presa in considerazione. Eccola: “Di fronte al male che è presente nel nostro mondo di oggi le responsabilità sono degli uomini che lo abitano, non del cielo… Oggi si muore non perché il sole si oscura o perché gli astri cadono dal cielo, ma perché si usano armi di potenza micidiale sulla terra. Oggi si muore non perché scendono lava, lapilli e cenere dal cielo, ma perché si producono veleni sulla terra. Oggi si muore non perché Dio si vendica sui suoi nemici dal cielo, ma perché gli uomini si odiano e si combattono a vicenda sulla terra. Oggi si muore non perché Dio nel cielo ha decretato la fine del mondo, ma perché noi qui sulla terra decretiamo la fine della vita umana distruggendo le risorse, lasciando che si diffonda la droga, permettendo l’uccisione di bambini nel grembo materno, lasciando che moltissima gente a questo mondo muoia di fame… Oggi si muore non perché Dio dal cielo non ci manda più la sua grazia, ma perché noi sulla terra ci illudiamo di poterne far senza. Oggi si muore di sete non perché dal cielo non scende più acqua, ma perché sulla terra la si spreca in maniera irresponsabile. Oggi si muore non perché Dio in cielo se ne infischia della nostra salute, ma perché qui in terra abbiamo inquinato tutto ed è rimasto ben poco di pulito. Insomma: oggi si muore non perché Dio dal cielo non guarda più la terra, ma perché noi uomini e donne dalla terra non guardiamo più il cielo”.
Il linguaggio di questa interpretazione sarà pure paradossale, ma è molto probabile che la tribolazione e l’angoscia si scatenino dall’interno della nostra stessa umanità, più che cadere dal cielo. Di avvisaglie ne abbiamo avute fin troppe. Dio non distruggerà il mondo con qualche gesto di stizza o di nervosismo, magari perché stufo di sopportare la malvagità degli uomini: Dio è magnanimo, longanime, cioè di animo lungo, non corto com’è il nostro allorché qualcuno ci pesta sui calli. Dio è paziente, compassionevole e di molta misericordia.
Che in certe stagioni della storia le vicende umane abbiano preso una brutta piega è sempre accaduto: crisi, momenti di tribolazione, epoche di terrore, ce ne sono sempre state e probabilmente ce ne saranno ancora, ma non è certo dal cielo che provengono Il fatto è che Dio ha creato gli uomini liberi: liberi di seguire le sue indicazioni oppure di fare di testa loro; non li ha fatti burattini o robot…Ma quando si ostinano a fare di testa loro, seguendo i loro istinti o interessi anziché le indicazioni provvidenziali di Dio, allora ci si deve preparare al peggio. No, non sarà Dio a provocare la fine del mondo, potranno farlo gli uomini piuttosto, con le loro scelte caparbiamente irresponsabili.
E a Dio cosa resterebbe da fare in tal caso? Starsene a guardare da lontano?
Tutt’altro: ecco la bella notizia (evangelo!) di questa domenica: “Allora vedranno il Figlio dell’uomo – cioè Gesù – venire sulle nubi con grande potenza e gloria…Manderà gli angeli che riuniranno i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo…”. Il profeta della prima lettura aggiunge: “…quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno: gli uni (i giusti) alla vita eterna e gli altri alla vergogna eterna… I saggi, allora, risplenderanno come lo splendore del firmamento…”. Quale che sia il futuro del mondo che gli uomini prepareranno con le loro scelte, Dio è dalla parte dei suoi eletti: non li lascia perdere. Nessuna angoscia, o tribolazione, o catastrofe, potrà strapparli dalle mani di Dio: “Chiunque si troverà scritto nel libro sarà salvato” afferma il profeta Daniele. Solo Dio, però, conosce i nomi scritti su quel libro. E far parte di quegli eletti è cosa che dipende dagli uomini, non da lui: egli chiama, invita, sollecita, ma tocca agli uomini rispondere. Quanti gli danno fiducia e si sintonizzano con la sua volontà (nella quale è il loro vero bene), si ritrovano perciò stesso tra quegli eletti.
Sì, finirà il mondo, anzi, per il mondo vecchio (infarcito di peccato e di molti egoismi) è già iniziata la fine in quel fatidico giorno del Calvario (cfr. Matteo 27,51-52). Lo conferma Gesù stesso, nel vangelo di questa domenica: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Ciò che importa allora è far parte del mondo nuovo che ha visto la luce allorché Gesù è risorto. E questa è una scelta che ormai dipende solo da noi, una decisione da ri-prendere ogni giorno. Come è possibile far parte di quel mondo nuovo? Lo sappiamo: con una adesione vitale e operosa a quelle parole che non passeranno mai.
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