Bussano puntuali alle dieci del mattino, sabato e domenica compresi. Per chi fa televisione è il momento della verità, timori e speranze fanno i conti con i numeri che definiscono successi e delusioni. È la forza di due parole che tutti abbiamo imparato a conoscere: dati di ascolto e share. Sono le cifre fornite da Auditel, quelle che determinano ciò che vedremo in tv. Oppure, che non vedremo più. Programmi che hanno ascolti sotto le aspettative vengono chiusi dopo poche puntate (è il caso del talk show di Ilaria D’Amico a gennaio su Rai2); conduttori che non riscontrano il favore del pubblico vengono dirottati su altri programmi (Pino Insegno, causa i bassi ascolti de “Il mercante in fiera”, non presenterà “L’Eredità”, trasmissione a cui puntava dopo il rientro in Rai all’indomani della vittoria del Centrodestra).
Due settimane fa, da un giorno all’altro, praticamente senza preavviso (e senza il solito battage a colpi di spot), gli spettatori si sono ritrovati il Commissario Montalbano in prima serata. E non al lunedì (giornata canonica per i personaggi di Camilleri), ma al mercoledì. Cosa è successo? Che i dirigenti di Rai1 sono dovuti intervenire a tambur battente per cercare di salvare la curva degli ascolti che in poche settimane era calata in maniera preoccupante. Montalbano riesce sempre a compiere il miracolo, anche le repliche, anche gli episodi visti tante volte. Auditel non ha potuto far altro che registrare proprio ciò che Rai1 si aspettava per salvare gli ascolti: le vicende di Vigata vincono sempre, sono la riserva aurea di quella che una volta veniva chiamata la “Rete Ammiraglia”.
Non serve certo spiegarlo: i dati di ascolto determinano il valore della pubblicità, un punto in più o in meno, per le reti nazionali, vogliono dire tanti, tanti soldi. In caso di necessità, nulla vieta di cambiare la programmazione anche all’ultimo minuto.
Poi è arrivato Jannik Sinner. Le sue partite (in prima serata su Rai2, la finale di domenica addirittura su Rai1) hanno fatto registrare ascolti record, al di là dell’immaginabile. Le altre reti, a quel punto, non si sono limitate a cambiare la programmazione di una serata, hanno letteralmente stravolto i palinsesti. Canale5 ha spostato la collocazione giornaliera del “Grande Fratello” e rinviato di una settimana il debutto della nuova trasmissione di Gerry Scotti. Allo stesso modo, Rai1 ha deciso di far slittare di qualche giorno il debutto della nuova fiction e di mettere in campo il solito Montalbano, il commissario delle emergenze televisive che così è andato in onda per due giorni di seguito, il mercoledì e pure il giovedì.
I dati record ottenuti dal tennista sudtirolese meriterebbero una riflessione a parte. Con una avvertenza: gli incontri del torneo di Torino sono stati trasmessi “in chiaro” dalla Rai che in questo modo ha beneficiato dell’esplosione del fenomeno Sinner. Bisognerà vedere cosa succederà quando ci saranno gli altri tornei che, invece, sono appannaggio di Sky e la loro visione è solo a pagamento. A quel punto ci sarà inevitabilmente un braccio di ferro tra la tv che detiene i diritti televisivi (e che punta ad attrarre nuovi abbonati) e gli sponsor del ragazzo che hanno invece l’interesse alla massima diffusione (su una rete “in chiaro”) delle imprese sportive del campione sponsorizzato.
Dire che sono i dati di ascolto a determinare il destino di chi lavora in televisione è persino una banalità. Come confermano altre due vicende, quella di Fiorello e quella di Fabio Fazio.
“Viva Rai2” inizialmente dove essere “VivaRai1”, ma i giornalisti del Tg1 contestarono questa ipotesi, convinti che Fiorello avrebbe “snaturato” (e fatto perdere ascolti) a Unomattina, trasmissione storica e con uno share consolidato. Traslocato su Rai2, Fiorello ha fatto il pieno di ascolti con uno share sempre sopra il 20 per cento (Rai2, al mattino, non superava il due per cento). Un trionfo a scapito, manco a dirlo, dei cugini di Rai1 che lo avevano dichiarato ospite non gradito.
La vicenda Fiorello dimostra come nell’epoca digitale, con un menù ampio di proposte televisive (e non televisive), l’utente non è più legato ad una rete specifica, ma sceglie il prodotto che più gli interessa, cambiando abitudini, cercando un altro canale, tanto sul telecomando sono tutti uno accanto all’altro.
Il trasferimento di “Che tempo che fa” da Rai3 allo sconosciuto Discovery ne è la riprova più evidente. Fabio Fazio aveva un pubblico domenicale che da anni si era assestato attorno al 10 per cento di share (dato ragguardevole e di grande importanza per l’ascolto medio di Rai3). Il passaggio al “Nove” era ricco di incognite, si lasciava un dato in doppia cifra per un canale che aveva un ascolto prossimo allo zero. L’uscita di Fazio dalla Rai è stata salutata con gioia dai detrattori, ma non ha cambiato le abitudini di chi invece lo ha sempre apprezzato. Del resto, pigiare il tasto 3 o il tasto 9 sul telecomando, poco cambia. Da un mese, “Che tempo che fa” viaggia tra il dieci e il tredici per cento di share: per la gioia degli autori e la preoccupazione di Rai3 che ha dimezzato gli ascolti della domenica sera.
Lascia una recensione