Di certo James Marsh nel raccontare la biografia di Stephen Hawking, il famoso astrofisico dei buchi neri, nel suo ultimo film La teoria del tutto si è fatto prendere più dal “cuore”, nel senso che racconta in che modo l’amore possa vincere la malattia.
Così la scienza, le stelle e la teoria dei buchi neri rimangono sullo sfondo, come anche l’affascinante teoria del tempo e dello spazio; quello che emerge invece è la storia d’amore di Hawkings, diventato icona del nostro tempo, tanto quanto Einstein, a causa della malattia che lo costringe da più di cinquant’anni a muoversi su una sedia a rotelle e a comunicare tramite un registratore di impulsi.
La storia parte a Cambridge nel 1963, nell’esclusivo ed elitario college inglese. Il giovane Stephen è bizzarro, stravagante, geniale e si sta laureando in fisica, ma ha una sfrenata passione per la cosmologia, anzi quasi una fede. La cosmologia per Stephen è qualcosa di più che una semplice materia del dottorato, per lui è una sorta di credo, una “religione per atei intelligenti”, come lui stesso la definisce.
Come nelle favole, un giorno in una festa Stephen incontra Jane, la donna della sua vita, ed è amore a prima vista. Jane è esattamente il suo opposto: si vuole laureare in letteratura spagnola, è credente e praticante. Tra di loro nasce una sfida tra la scienza e la fede, tra Dio e un’equazione in grado di spiegare il mistero dell’universo.
Forse a causa di questa diversità, o dell’energia cosmica, i due ragazzi verranno risucchiati nel loro “buco nero”: e da quel giorno non si lasceranno più.
Un amore per la vita anche se, poco dopo il fidanzamento, a Stephen verrà diagnosticata la malattia del motoneurone; una malattia degenerativa che non lascia scampo, come gli dirà in faccia il medico e lentamente atrofizza tutti i muscoli. “E il cervello?”, chiederà il giovane Stephen: “Il cervello no, ma ad un certo punto nessuno potrà capire i suoi pensieri”.
Una malattia terribile dunque che clinicamente porta ad una lenta atrofia muscolare, che colpisce la muscolatura volontaria, tranne quella degli occhi, e la muscolatura respiratoria, perché i motoneuroni del tronco encefalico muoiono e vengono a mancare gli impulsi motori e il nutrimento del tessuto muscolare.
Ma Stephen è ancora vivo oggi. Ha settantadue anni è pieno di voglia di vivere e soprattutto comunica con un registratore ad impulsi. Questo anche grazie alla moglie Jane che per tutta la vita se ne è presa cura.
Ecco, il film di Marsh, con una sceneggiatura e una confezione molto convenzionale e classica, racconta questa singolare vita e altrettanto unica love story, senza cadere nel melodramma, anche grazie ad una fresca e riuscita interpretazione degli attori Eddy Redmaine e Felicity Jones. Da vedere.
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