Ci sono dei documentari che hanno il sapore del viaggio, che raccontano persone e luoghi e per questo suscitano il desiderio di andarli a scoprire. Quello di don Marco Pozza è un viaggio speciale, perché porta a conoscere quell’Italia del bene, ad incontrare chi ha deciso di spendere la vita interamente per gli altri.
Sacerdote e scrittore, autore e conduttore di programmi televisivi di approfondimento culturale e religioso, una lunga intervista a Papa Francesco. Il documentario dal titolo “I dieci più due Comandamenti”, che si può vedere su RaiPlay, racconta come questi si concretizzano dentro esperienze quotidiane, molto particolari e straordinarie.
Nella puntata dal titolo “La cura” il viaggio ci porta nella splendida Pedemontana vicentina, nel piccolo abitato di Calvene, dove c’è un prete, don Beppe Gobbo, che da quarant’anni è impegnato qui a concretizzare quel doppio Comandamento, “Amerai il tuo Dio” e “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Don Marco Pozza ci introduce dentro la storia di don Beppe con queste parole: “…in un paese che è fatto di contrade, ha costruito una contrada che nel tempo è diventata un crocevia di storie, di resurrezioni e di amore. Quando entro in casa sua, il Vangelo ha un profumo, un volto e una storia”. A Calvene, insieme ad alcuni volontari, nel lontano 1983 ha fondato la cooperativa sociale Radicà che da allora aiuta giovani fragili.
Il documentario si conclude con il settimo episodio “Istruzioni per la libertà”, un interessante dialogo con la biblista Antonella Anghinoni e lo scrittore Erri De Luca: qui lo sguardo va indietro al cammino percorso, ai volti trovati, alle parole, ai gesti, raccontando così il valore, la pienezza e l’attualità dei Comandamenti.
Il documentario mostra che c’è un’Italia che va raccontata, quella troppo spesso trascurata nei programmi televisivi, un Paese dove in molti si prendono cura di chi è in difficoltà, cercando di inventare per loro un futuro migliore, storie di chi non si arrende e continua a credere negli altri.
Le riflessioni di don Marco Pozza sono profonde, diventano il filo conduttore che unisce le storie: rispetto alle Scritture, dice in conclusione delle puntate, “sono uno splendido esercizio della libertà, oggi poi che l’essenziale è sfiancato senza sosta dall’insignificante, parole così rilanciano il medesimo concetto di allora… ed è una storia bellissima, quella storia che come finale ha delle parole che, senza farti sconti, riescono però ad emozionarti”.
Una bella televisione, di cui c’è tanto bisogno, molto lontana dai toni alti, che va alla ricerca di umanità, per raccontarla.