I lettura: Esodo 20,1-17;
II lettura: 1Corinzi 1,22-25;
Vangelo: Giovanni 2,13-25
Non siamo abituati a immaginare Gesù Cristo arrabbiato, o che assume addirittura atteggiamenti intolleranti… Ma cosa gli salta in mente? Scacciare fuori dal tempio commercianti di buoi, pecore, colombe… rovesciare i banchi di quelli che erano lì per cambiar soldi… Proprio lui, sempre così mite e pieno di comprensione verso i peccatori, i perduti, i lontani, ecco che nel tempio, cioè nella casa del Padre suo, s’arrabbia e diventa violento. Perché? Per le vie della città o sulla piazza del mercato, non si sarebbe certo permesso di fare una cosa del genere, è ovvio. Ma qui non si trattava di una piazza del mercato, ma del Tempio, la casa di Dio. Certo, Dio è troppo grande per starci in una casa, per quanto bella, grande e sontuosa com’era il tempio di Gerusalemme. Però lì la gente andava solo per lui: solo per questo doveva servire quel luogo. Portarci le bancarelle, o addirittura gli sportelli bancari di cambio, equivaleva a sostituire l’unico Dio (“trino”) con un altro dio (il “quattrino”). Il dio-denaro, soprattutto quando è tanto, là dove arriva sporca sempre. Gesù non tollera che nel tempio – “la casa del Padre mio”, come lo chiama – regni la sporcizia. Chi mai abiterebbe in una casa sporca?
La cosa ancora più strana, però, è che a sporcare quella casa non erano stati i ladri, i delinquenti, o chissà quale gente senza dio: erano stati i credenti, i Giudei, il popolo stesso di Dio. E si meravigliano allorché Gesù reagisce in quel modo che s’è visto. “Perché fai questo?” gli domandano – “Che autorità hai tu per intervenire in questo modo?”. “Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere” risponde Gesù. Non capiscono, perché – anche se dicono di credere in Dio – in realtà capiscono solo il linguaggio dei soldi. Noi, che conosciamo come sono andate poi le cose (che cioè l’esistenza e la persona di Gesù è stata davvero distrutta, ma che dopo tre giorni è risorto), comprendiamo che qui egli non si riferisce affatto al tempio di Gerusalemme (che sarà raso al suolo dai romani e mai più ricostruito), ma allude a se stesso, alla sua vicenda personale.
Dio non ci sta in nessun tempio, e non solo perché è troppo grande, ma perché l’unica dimora che gli conviene è la vita, la persona di Gesù: ecco il “luogo” dove la gente lo può incontrare, ascoltare, parlargli.
A Trento, a Roma, in Italia, in Europa sono numerosissime le chiese. Ma perché tanta gente – sia a Trento come a Roma, in Italia e in Europa – nonostante le chiese, non crede più in Dio e quindi non ha la soddisfazione di ascoltarlo e di parlargli? Ma Dio non abita dentro le mura delle chiese; non s’è già detto che è troppo grande per starci dentro quattro mura?
Dio preferisce abitare in chiese fatte di carne e ossa: le Comunità, le persone, le esistenze di coloro che gli danno fiducia e gli fanno posto nella loro vita. La domanda allora è: c’è posto nella nostra vita per il Signore? E, ammesso che il posto ci sia, può entrare tranquillamente o… deve tapparsi il naso per entrare? In altre parole: chi ci guarda, chi ci frequenta, chi entra in relazione con noi, ha la sensazione che nella nostra vita c’è il Signore? Si percepisce che siamo la sua dimora? Perché se non si percepisce, vuol dire proprio che non ha trovato posto. Non sono passati molti anni da quando Papa Benedetto affermava: “Nel nostro tempo, in cui in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di permettere a Dio di essere presente in questo mondo, e permettere agli uomini di incontrarlo…”. Ancora da cardinale aveva riconosciuto senza mezzi termini: “C’è tanta sporcizia nella Chiesa… Non si vede più che è la casa di Dio…”. Al che, sì… vada pure il pensiero a quegli uomini e donne di Chiesa che fanno fare tali brutte figure a Gesù Cristo da finire sui giornali, ma subito dopo aver pensato a quelli, guardiamo a noi stessi, perché noi tutti siamo la Chiesa, e dipende da tutti e da ciascuno se Dio può trovar posto in questo mondo d’oggi, oppure no. Chi troverà strano, a questo punto, il gesto risoluto e adirato di Gesù che scaccia i mercanti dal tempio? Forse è anche a noi che lancia un avvertimento il Signore. Lui è buono e pieno di misericordia con i peccatori, con i perduti, i lontani … ma con quei vicini che fingono di essere puliti mentre in realtà sono sporchi, no: con costoro diventa inflessibile, sferzante. Che fare allora? Un po’ di pulizia dentro la vita. E la condizione prima sta nel saper distinguere tra pulito e sporco; fuori metafora: a che servono quei 10 Comandamenti che risentiamo anche in questa domenica? Sono davvero il nostro codice della strada? E aldilà dei Comandamenti (che sono comunque criteri minimali di pulizia), il vangelo ha modo di essere autorevole nella nostra vita? Stiamo andando verso la Pasqua. Quello, tra il resto, è anche tempo di tradizionali pulizie in casa… Non limitiamoci a quelle. Diamo una ripulita a quel tempio di Dio che è tutta la nostra esistenza. Così che Egli possa ancora trovare posto in questo mondo e gli uomini e le donne di oggi possano incontrarlo. Noi per primi.
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