Si tratta di un gioco d’azzardo che negli ultimi vent’anni ha causato patologie da dipendenza, come l’alcool o, peggio, la droga. Tanto è vero che anche in questo settore, all’apparenza innocuo, si sono dovuti allestire in tutta fretta centri di auto-mutuo aiuto. C’è chi si è “mangiato” la pensione, chi la tredicesima, chi è dovuto ricorrere proprio a un mutuo per non soccombere all’irrefrenabile dipendenza del gioco in questi mini casinò sotto casa.
La questione è diventata un problema nazionale se il presidente del Consiglio, Renzi, il 6 settembre scorso ha annunciato: “Sul gioco d’azzardo stiamo per mettere a punto una misura per togliere le slot dalle tabaccherie e dagli esercizi commerciali”. Il fatto è che per recuperare denari da immettere in quella voragine che è il debito pubblico, lo Stato si è fatto biscazziere con la diffusione delle cartelle “Gratta e vinci”, altro paradiso delle illusioni. Un solo dato (spaventoso): dal 2003 lo Stato ha creato una “economia del gioco” autorizzando 470mila slot machine. Tant’è che nel 2015 su un totale di spesa per consumi da parte delle famiglie stimato in 850 miliardi di euro, il gioco d’azzardo si è “mangiato” più del 10%, vale a dire 88 miliardi di euro.
Quando da ragazzi giocavamo al “flipper”, se l’apparecchio elettrico era sottoposto a sollecitazioni non proprio corrette, al massimo si “mangiava” una pallina. Altri tempi, altri appetiti di gioco, altre diete.
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