Negli ultimi anni l’Islam, da realtà lontana e misteriosa, è entrato pienamente a far parte della nostra vita e dei nostri orizzonti sociali e culturali. Questo ha portato ad atteggiamenti diversi. Da una parte chi, facendo leva sulle paure legate al terrorismo e sui temi ormai pervasivi della sicurezza, vuole demonizzarlo (e magari a volte colpendo l’Islam mira ad attaccare la religione in generale) e lo qualifica solo come fonte di problemi; dall’altra chi, senza molto approfondire, vuole metterne in risalto gli aspetti più vicini a noi, come se si trattasse alla fine di un’altra religione con alcune differenze non tanto sostanziali (imam al posto dei preti, moschee al posto delle chiese, Corano al posto della Bibbia) rispetto alla nostra. Non credi che sarebbe molto importante approfondirne la conoscenza, un po’ a tutti i livelli?
Laura
La percezione secolare che l’Europa ha avuto dell’Islam è quella di un’ostile estraneità. I conflitti con l’Impero Ottomano –dovuti a ragioni economiche ed espansionistiche più che religiose –hanno lasciato traccia in quei Paesi del centro ed est Europa in cui oggi, benché sia scarsissima la presenza di musulmani, ritornano paure prive di ogni giustificazione. In Polonia, dove i fedeli islamici sono sotto l’1%, dove non è mai avvenuto un attentato, si diffonde il terrore. Emblematica è stata la recita di massa del Rosario: più di un milione di persone hanno partecipato a questa pia pratica, ufficialmente presentata come “preghiera per la pace”. Peccato che essa si sia svolta sui confini, il 7 ottobre, giorno della Madonna del Rosario, ma anche della battaglia di Lepanto. Lascio al lettore ogni commento.
L’ultimo numero dell’autorevole rivista di geopolitica “Limes” è intitolato “Musulmani ed Europei”. Leggendolo si sfatano molti pregiudizi, innanzitutto demografici. Nel 2016, in Europa (Russia esclusa) gli islamici sono stimati in 25,8 milioni pari al 4,9% del totale della popolazione. L’invasione arriverà nei prossimi anni? Tutte le ricerche lo escludono. Le previsioni più alte della presenza islamica in Europa la fissano, al 2050, a 75,6 milioni cioè il 14,6%. Un’importante minoranza, sempre però una minoranza.
Va poi aggiunto un altro dato. Si dà per scontato che ogni immigrato (di prima o di seconda generazione) proveniente da Paesi “islamici” sia automaticamente musulmano, cosa non vera: in Egitto il 10% sono cristiani; in Nigeria i musulmani sono circa il 40%. Quindi le percentuali dovrebbero essere più basse (per fortuna in Europa sul passaporto non bisogna indicare la propria religione).
Non è finita. In Italia si stima che il 74% dei fedeli musulmani non pratichi la propria religione, mentre solo il 16% si reca in moschea o in una sala di preghiera pubblica. Insomma la rappresentazione dell’homo islamicus, che pensa solo alla religione e al modo di convertire gli “infedeli”, è una caricatura ridicola. Si legge su Limes: si dimenticano così gli “interessi dei musulmani semplici, cioè persone di religione islamica che, principalmente, vorrebbero vivere in pace e non essere tirati per la giacca ogni volta che qualcosa di “islamico” si presenta nel mondo dei media”.
Dovrebbero essere questi musulmani “semplici” i nostri interlocutori privilegiati. Incontrandoli scopriremmo una realtà davvero diversa da quella rappresentata dai mezzi di comunicazione e cavalcata da qualche politico. Si scoprirebbe che i problemi di tutti i giorni unificano invece di dividere, che il bene comune e il benessere collettivo sono obiettivi ampiamente condivisi tra chi pratica fedi diverse. Ci sono molti più punti di contatto che di contrasto.
Venendo al versante più propriamente religioso mi piace citare alcune parole del 2016 dell’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: “Paura di una moschea? Anzi, bisognerebbe avere paura per il fatto che non ci sia una moschea, perché vuol dire che ci sono altri luoghi”.
La paura viene generata dall’ignoranza e ancora prima dall’assenza di relazioni. Incontrando le persone si possono risolvere i problemi. In questo dialogo aperto si evidenzieranno alcune differenze irriducibili ma pure molte sensibilità convergenti. Possiamo imparare dalla fede dei musulmani per vivere meglio la nostra. Senza timore.
Questo tempo ce lo richiede. Lo studioso Olivier Roy commenta: “Non è l’Islam in sé che sta crescendo né la Cristianità in sé che sta regredendo: da ambo le parti vi sono specifici spostamenti verso nuove forme di religiosità, e ne fanno le spese le forme di religiosità tradizionali, culturalmente connotate”. C’è una grande trasformazione in atto che coinvolge in pieno anche il mondo musulmano soprattutto europeo: una crisi a noi per nulla estranea. Anzi.
La dimensione culturale non va sottovalutata. Conosciamo troppo poco del mondo che ci circonda. L’analfabetismo religioso è una piaga devastante perché può portare sia all’indifferenza, sia al fanatismo, sia all’assoluta incapacità di capire l’altro. Purtroppo lo studio delle religioni non è molto valorizzato, ma sarebbe necessario ad ogni livello.
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