“Black-on” agli Oscar

La sera del 26 febbraio si è svolto un piccolo grande giallo sul palco degli Oscar, uno show nello show verrebbe da dire: in effetti l’89ª edizione degli Academy Awards la si ricorderà a lungo per il colpo di scena finale. Chi ha fatto nottata fino all’alba per vedere in diretta le premiazioni non poteva credere ai suoi occhi: tutto il cast di La La Land, convocato sul palco per ricevere la statuetta di miglior film, dopo almeno cinque minuti di ringraziamenti e abbracci, è stato richiamato perché l’Oscar invece andava a Moonlight.

E così il giovane regista Damien Chazelle di La La Land con un gesto davvero da Oscar ha consegnato la statuetta d’oro, appena ricevuta, a Barry Jenkins il giovane regista di Moonlight, in effetti miglior film del 2017.

Certo La La Land era super favorito e quasi tutti si aspettavano anche l’Oscar al film dopo quello alla regia, alla miglior attrice protagonista, Emma Stone, alla miglior fotografia, alla miglior sceneggiatura, alla miglior colonna sonora, alla miglior canzone originale; insomma mancava solo quello per il miglior film. Invece questa volta gli Oscar sono stati più che mai progressisti e (forse) poco prevedibili, premiando per la prima volta un film all black di tematica omosessuale. Non era mai successo, nemmeno nel 2005 con Brokeback Mountain, il dramma dei due malinconici cowboy gay allora non vinse l’Oscar che venne invece assegnato a Crash di Paul Haggis.

Tutta questa edizione hollywoodiana è stata all’insegna della politica e della controtendenza: è stato premiato, ad esempio, per la prima volta un musulmano nero, l’attore Mahershala Alì di Moonlight, come attore non protagonista, e come miglior film straniero è stato premiato Il Cliente dell’iraniano Asghar Farhadi, tra l’altro non presente alla cerimonia e apertamente in polemica contro il MuslimBan di Trump.

Che un film afroamericano, e per di più gay, potesse togliere la statuetta al bel musical di Chazelle sembrava impossibile. Eppure il premio a Moonlight è davvero meritato, il film è drammatico e affronta con una regia innovativa e intensa la storia di formazione di Chiron, un ragazzo nero di Miami, che cresce tra droga e violenza scoprendo a poco a poco la sua vera identità.

Così la crescita di Chiron, tra sofferenza, violenza e emarginazione, diventa metafora del cammino di autodeterminazione del popolo afroamericano.

Non a caso il film è prodotto da Brad Pitt, che fin dalla produzione di 12 anni schiavo di Steve McQueen, si è profuso nella narrazione cinematografica della storia degli afroamericani.

Tornando agli Oscar, l’edizione 2017 non ha dimenticato l’Italia, Fuocoammare di Rosi non ce l’ha fatta, ma gli Oscar sono andati ai truccatori Bertolazzi e Gregoriani per il lavoro in Suicide Squad.

Davvero, anche per loro, una notte da Oscar.

vitaTrentina

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