Belle famiglie imperfette

La serie mette al centro il valore dei legami, il bisogno di ascolto, condivisione, perdono e custodia

Racconti di respiro corale sulla famiglia hanno sempre appassionato il grande pubblico, al di qua e al di là dell’Atlantico. Da Hollywood si ricordano, guardando all’ultimo decennio, “Parenthood” (201015) e soprattutto “This Is Us” (2016-22). In Italia tra le proposte più significative si ricordano “Tutti pazzi per amore” (2008-12), “Una grande famiglia” (2012-15), “Tutto può succedere” (2015-18) ed “È arrivata la felicità” (2015-18), senza dimenticare di certo i seguitissimi “Un medico in famiglia” (19982016) e “I Cesaroni” (2006-14).

A rilanciare ora il genere arriva una bella scommessa targata Palomar-Netflix, “Storia della mia famiglia”, sei episodi da 50 minuti disponibili in piattaforma dal 19 febbraio. La regia è di Claudio Cupellini, autore del soggetto e del copione Filippo Gravino. Protagonisti Eduardo Scarpetta, Vanessa Scalera, Massimiliano Caiazzo, Cristiana Dell’Anna, Antonio Gargiulo e Gaia Weiss.

La storia. Roma oggi, Fausto è un padre separato con due figli piccoli cui badare. L’uomo sta fronteggiando una malattia aggressiva che gli lascia poco tempo da vivere. Chiama allora a raccolta la madre Lucia, il fratello Valerio e gli amici di sempre, Maria e Demetrio. Chiede a tutti loro di trasferirsi a Roma e di prendersi cura dei figli, di aiutarli a crescere sani e felici in sua assenza. Fausto vorrebbe che tutti loro formassero una grande famiglia…

Pros&Cons. “La serie – ha sottolineato Gravino – ha a che fare con le parole speranza e futuro. Il concetto di speranza parte da quando sono diventato padre della mia prima figlia; alla nascita della seconda, ho detto di non perdere la fiducia negli affetti che ci circondano. È l’unico contesto in cui vedo resistere la speranza per il futuro”.

Dalla visione dei primi episodi, la miniserie “Storia della mia famiglia” ingrana subito con grinta e grande trasporto, muovendosi agilmente su un doppio binario: anzitutto stilistico, alternando sfumature da commedia e dramma familiare-esistenziale; poi temporale, tra il presente, con la malattia di Fausto, e il passato, quando l’uomo ha conosciuto la moglie Sara e la nascita dei figli. E ancora, due città in campo: Ercolano e in generale lo sfondo partenopeo, luogo d’origine della famiglia di Fausto, e Roma, posto in cui è chiamata a vivere la nuova famiglia per stare vicini a Fausto e ai figli. Il racconto è scritto con grande cura da Gravino, che cesella i personaggi, affidandogli battute brillanti e raccordi commoventi, che gli attori in campo esaltano con grande padronanza e mestiere. Su tutti brilla Vanessa Scalera per la sua recitazione sempre intensa e straordinariamente aderente (ogni volta) al personaggio. Un racconto familiare non piano né scontato, anzi ben articolato e in alcuni passaggi persino audace, che però mette al centro il valore dei legami, il bisogno di ascolto, condivisione, perdono e custodia. Serie consigliabile, problematica, per dibattiti.

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