A dieci anni dalla morte di Antonio Caldonazzi (24 giugno 2010) il teatro trentino si arricchisce di una ricostruzione a più voci dell’esperienza umana e professionale di questo versatile attore, regista e drammaturgo fra i più originali e significativi degli ultimi decenni in Trentino.
Merito di Paola Bernardi che – nel volume “Teatro è vita” (Editrice Temi) – ha scelto una modalità molto efficace per ripercorrere la vita di Caldonazzi, classe 1968, attraverso gli amici e i testimoni che ne hanno accompagnato il percorso: a partire dalla sua infanzia a Civezzano – con i ricordi del compagno di banco Michele Dallapiccola – fino agli esordi nella filodrammatica del paese (ne parla Michele Gennari) e agli studi in Accademia d’Arte Drammatica a Roma: poi le voci di attori e registi che hanno lavorato con Antonio, dei critici teatrali che ne hanno seguito la carriera, con la vittoria significativa nel 1990 del Premio Edda Albertini.
Sono testimonianze, quasi confessioni, a loro volte appassionate e commosse, segnate dalla riconoscenza verso un collega che è stato soprattutto amico. Spiccano i 16 anni di vita professionale legata al Teatro Stabile di Bolzano (ne parla Marco Bernardi, di cui Caldonazzi è stato assistente alla direzione) ma anche il sodalizio artistico con Andrea Castelli: “Antonio era l’entusiasmo fatto persona. Brillava di entusiasmo e di voglia di fare… Sembrava una di quelle figure che il teatro usa per trascinare adepti. Per il teatro Antonio avrebbe escogitato qualsiasi cosa, ogni spunto andava bene per metterci mano in un modo o nell’altro e magari te lo spiegava con una delle sue sonore risate”.
Era stato affascinato dal palcoscenico fin da bambino quando in tanti lo ricordano sbirciare le prove della Filodrammatica di Civezzano dove recitava il padre Giovanni e dove il cugino Vittorio faceva la regia. “Un’esperienza, quella del teatro amatoriale, che Antonio non ha mai rinnegato e che anzi ha saputo e voluto coltivare sempre con forza, condividendola anche con Daniela, la moglie”, documenta Paola Bernardi con ulteriori testimonianze di quest’impegno.
La frase di Goldoni che introduce il libro “Chi ha preso il gusto del teatro una volta, non sa staccarsene finché vive” rappresenta forse anche la chiave di lettura della vita di Caldonazzi, per il quale il teatro rappresentò – nota ancora l’autrice – un ampio orizzonte da esplorare e da vivere in tutte le sue molteplici sfaccettature: un modo privilegiato per raccontare e decifrare il reale.
È quanto emerge anche dal ricordo di don Marcello Farina che ebbe modo di accompagnare Antonio in Bleggio sui luoghi di don Lorenzo Guetti in vista del lavoro teatrale dedicato al padre della cooperazione “In giorno di pubblico mercato”, monologo realizzato insieme a Lerri Baldo, ma mai portato sulle scene per via della malattia che si è portato via Caldonazzi a soli 42 anni. Il testo completo di quel lavoro è pubblicato come ghiotto completamento di questo volume biografico e l’auspicio dell’autrice (e non solo suo) è che questo testo possa essere ripreso in mano e rappresentato nelle piazze trentine, anche per far conoscere la passione che Antonio ha dedicato al teatro e alla sua terra.
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