Addio al sindaco Adriano Goio: dall’Aeterno all’Eterno

Adriano Goio, sindaco di Trento dal 1983 al 1990. Foto © Gianni Zotta
“Quando mi no ghe sarò pu…” ciò che abbiamo fatto per la città ci sarà ancora. Questo diceva Adriano Goio, architetto, che fu sindaco di Trento dal 1983 al 1990 e seppe guardare oltre il contingente. Come tutti i sognatori amava il bello sotto ogni forma. E con i cospicui finanziamenti arrivati dall’Europa, seppe rivoltare il centro storico come un calzino per restituirlo alla città e alla sua popolazione come conviene al salotto buono di una città aperta al mondo. Pertanto anche al turismo.

Democristiano atipico, non poteva che essere “Kessleriano”, espressione cioè di quella pattuglia minoritaria fatta di sognatori e di utopie, i quali hanno dato al Trentino l’Istituto trentino di cultura (con l’Università), i centri di ricerca, il piano urbanistico. Quegli uomini hanno governato l’autonomia coi fatti più che non le parole. Adriano Goio era un democristiano liberale, anzi: libero da schemi e pregiudizi. Governò la città di Trento con i socialisti, con quella pattuglia laica che lo ha assecondato nei suoi sogni.

C’erano gli uni e gli altri, la vecchia guardia della DC e il vecchio PSI, ad affollare le navate del Duomo, sabato 2 aprile per l’ultimo saluto ad Adriano Goio che fu sindaco di una stagione irripetibile. Passò la mano dopo il crollo del muro di Berlino. Da architetto avrebbe voluto costruire ponti. Si occupò del bacino dell’Adige; in seguito, dell’emergenza nel bacino del fiume Aeterno, in Abruzzo.

Restano il suo sorriso sornione, il suo ottimismo, la sua visione di futuro.

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