Papa Francesco la pensa così: aprirsi all’altro ci farà riscoprire i comandamenti evangelici dell’amore e della solidarietà
Le ondate migratorie a cui stiamo assistendo cambieranno il volto dell’Europa, anche dal punto di vista religioso. Il governo della Slovacchia afferma di voler accogliere soltanto i profughi cristiani, mentre il primo ministro ungherese Orban teme che l’arrivo di così tante persone di religione mussulmana snaturerà i valori cristiani dell’Europa. Giunge però la riflessione del vescovo ausiliare di Budapest János Székely che, a commento del disordinato, populista e nazionalista atteggiamento dell’Ungheria nella gestione di questa crisi, ha affermato che già si vede quanto l’Europa si sia allontanata dal cristianesimo proprio nella mancanza di solidarietà e di spirito di umanità nei confronti di un popolo sofferente che bussa alla nostra porta. La Germania invece apre le porte.
Certamente lo scenario che si prospetta è il seguente: in genere i migranti sono più prolifici degli autoctoni; sono molto più giovani degli invecchiati europei; quelli di fede islamica sono molto più attaccati alla loro religione rispetto a noi e quindi, con ogni probabilità, la trasmetteranno ai loro figli, anche come simbolo di identità. Nel frattempo gli europei si allontanano dalla fede cristiana in maniera inarrestabile: soprattutto nei giovani la religione è vista con indifferenza e fastidio; la maggior parte lo fa per ignoranza o per abitudine, non per una precisa e consapevole scelta. Le chiese, i seminari, i conventi, gli oratori si stanno svuotando. Tra vent’anni, quando molti fedeli con i capelli bianchi che oggi riempiono ancora i banchi alla messa domenicale saranno morti, allora vedremo i cambiamenti epocali avvenuti.
Ai campanili verranno sostituiti i minareti? Alle chiese le moschee? La religione islamica diventerà la più praticata in Europa? E tutto questo avverrà per “colpa” dell’accoglienza dei richiedenti asilo che fuggono dalla guerra? Non lo credo. Occorre guardare con attenzione ai segni dei tempi, analizzando con razionalità i fenomeni storici ma pure, da credenti, pensando che la storia è guidata da Dio, quel Dio che non fa distinzione tra buoni e cattivi, tra ricchi e poveri, tra neri e bianchi, tra appartenenti a questa o a quella religione.
Possiamo vedere questa situazione non come un’emergenza, un rischio per la nostra sicurezza, per il nostro benessere, quanto come un’opportunità. Anche per la nostra fede. Papa Francesco la pensa così: aprirsi all’altro ci farà riscoprire i comandamenti evangelici dell’amore e della solidarietà. Forse riusciremo a vedere nell’altro un fratello e non un nemico. Capiremo qualcosa di più della nostra religione. Anche dai musulmani. Voglio ricordare tuttavia che non tutti i migranti sono islamici: dalla Siria fuggono molti cristiani, numerosi eritrei, nigeriani, etiopi sono cristiani. Magari più di noi.
Non è detto poi che noi non possiamo imparare anche dalla religione altrui. L’incontro (e lo scontro) con la diversità può suscitare la domanda sulla propria identità, vissuta come non certamente sovrapponibile a quella dell’altro. L’arrivo di migranti di fede islamica può far sì che gli annoiati europei comincino a chiedersi chi sono loro stessi, in che cosa credano… Insomma, non bisogna dare per scontato nulla.
Non c’è alternativa ad un atteggiamento accogliente che cerca di gestire un fenomeno di dimensioni epocali. Nessuna frontiera, nessun muro, nessun proclama più o meno truculento potrà fermare chi, disperato, fugge dalla guerra. Ma neppure chi giustamente cerca un futuro migliore per sé e per i propri cari. Chi di noi non farebbe altrettanto? Che cosa hanno fatto di diverso i nostri avi che sono emigrati nei decenni passati?
Il mondo è ormai sempre più piccolo e sempre più interconnesso. Ciò rappresenta sicuramente una sfida anche per le religioni che, un tempo, credevano di essere le uniche depositarie della verità. Seguendo questo ragionamento l’altro doveva essere convertito a tutti i costi, anche con la violenza. Penso che il cristianesimo, a differenza di altre religioni, abbia intuito di dover cambiare paradigma, adeguandolo al nuovo contesto globale. Bisogna puntare alla convivialità delle differenze, all’incontro tra le fedi, sapendo che l’elemento che ci accomuna tutti (e che alla fine unico resterà al cospetto di Dio) non è la dottrina, bensì la carità, la benevolenza, la solidarietà.
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