Quel sabato mattina 21 luglio 2001 Genova ci accolse con un sole radioso. Eravamo arrivati in 600 dal Trentino con i pullman per la manifestazione.
Aveva aderito anche il Forum trentino per la pace che presiedevo. Il corteo avrebbe percorso il lungomare per arrivare al centro. Il giorno prima era stato ucciso il giovane Carlo Giuliani e gli organizzatori nazionali avevano discusso: confermare o no la manifestazione? I più avevano detto sì. Bisognava che la forza pacifica e variegata del movimento contro la globalizzazione selvaggia che impoveriva tanti popoli e il pianeta si mostrasse a Genova dove si incontravano i grandi della terra riuniti nel G8. Anche il Papa l’8 luglio aveva chiesto al G8 di ascoltare “il grido di tanti Paesi poveri del mondo”. Per tutta la settimana nel capoluogo ligure c’erano stati partecipati incontri del World Social Forum all’insegna del motto “un altro mondo è possibile”. Povertà, ingiustizie, finanza internazionale padrona e priva di regole, immigrazione, clima e ambiente da salvare erano i temi principali affrontati. Temi realistici e profetici.
La manifestazione doveva essere anche una grande risposta nonviolenta alle violenze di gruppetti e a quelle dei black bloc (poi, innumerevoli testimonianze attestarono che questi avevano potuto agire impunemente, senza che le forze dell’ordine intervenissero). Il lungo corteo (200-300 mila persone) si mosse lentamente. Poche bandiere di partito, molti gruppi cattolici, parrocchie, volontariato, sindacati, movimenti, famiglie.
Tante anime, un unico obiettivo: un mondo diverso.
A un certo punto il corteo fu in più punti aggredito da poliziotti, appostati e nascosti. Improvvisamente ci trovammo tra lacrimogeni e manganelli.
Un caos indescrivibile. E pericoloso.
La strada era stretta e chiusa ai lati. Molti rischiarono di essere schiacciati. Il corteo fu disperso. Mi ritrovai con un gruppetto di trentini a vagare per Genova. Col cellulare cercavamo di ricontattare gli amici. Ci dissero che poliziotti e carabinieri andavano a caccia di manifestanti e li picchiavano. Bisognava stare attenti. Facemmo un lungo giro per arrivare al parcheggio dei pullman. Che piano piano, a sera, si riempirono. Tutti avviliti, qualcuno picchiato.
Perché questo accanimento su un corteo pacifico e su cittadini inermi?
Capimmo dopo che tutto era stato pianificato dal governo Berlusconi-Fini, da poco insediato, per dare una “lezione” al movimento no global. E per delegittimarlo.
I post fascisti erano per la prima volta al governo. Bisogna farlo vedere. Quel sabato, mentre rientriamo a Trento, polizia e carabinieri irrompono nella scuola Diaz dove ci sono 93 persone del World Social Forum. Picchiate a sangue, insultate, umiliate. Perfino torturate. La Costituzione tradita da coloro che dovevano difenderla. La Corte di Strasburgo dichiarerà: “Alla Diaz ci fu tortura”. La Corte d’Appello nel 2010 affermerà che le forze dell’ordine aggredirono “in maniera crudele e sadica”. La Cassazione nel 2012, dichiarando che alla Diaz ci furono violenze di “gravità inaudita”, confermerà le condanne per 25 poliziotti e alti funzionari.
Un altro inaudito pestaggio avvenne nella caserma Bolzaneto dove venivano portati gli arrestati. Per tre giorni decine di innocenti furono insultati, picchiati, torturati. Costretti a gridare “Viva il Duce!”.
La Cassazione con la sentenza del 14 giugno 2013, accertava la sussistenza di quasi tutte le 120 condotte illecite da parte di rappresentanti delle forze dell’ordine e dichiarava che nella caserma Bolzaneto ci fu un “clima di completo accantonamento dei principi cardine dello Stato di diritto”. Gli ordini partirono dall’alto. E i vertici si protessero reciprocamente. Continueranno a fare carriera. Il capo della polizia De Gennaro diventerà sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri del governo Monti e poi presidente di Leonardo, l’industria statale di armi, dal 2013 al 2020.
Ci vorranno sedici anni perché un capo della polizia, Franco Gabrielli, nel 2017, ammettesse che a Genova “ci fu tortura”, che “un’infinità di persone, incolpevoli, subirono violenze fisiche e psicologiche”, che i magistrati che indagarono non erano politicizzati, che De Gennaro avrebbe dovuto dimettersi. Solo il coraggio e la fedeltà alla Costituzione di pochi magistrati, a partire dal sostituto procuratore Enrico Zucca, consentirono di fare luce su quegli inauditi episodi. E impedirono che una potentissima rete di omertà coprisse quella pagina vergognosa.
Molti giovani scoprirono il volto violento dello Stato, non quello che protegge i cittadini. L’eredità peggiore di Genova.
Gli anni seguenti confermarono anche che le analisi del World Social Forum erano giuste. La paurosa crisi finanziaria ed economica del 2007-2008, dalla quale non ci siamo più risollevati, dimostrò a quali disastri portava quella globalizzazione. I cambiamenti climatici, la crescita delle disuguaglianze, i drammi delle migrazioni si sono aggravati. L’eredità di Genova è anche questa: il G8 aveva torto, il World Social Forum ragione.
Un altro mondo è più che mai indispensabile.
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