Coliving a Luserna. Quando la montagna chiama

Carlo Greco, referente dei colivers arrivati a Luserna lo scorso inverno. Foto © Gianni Zotta

Il Centro di documentazione di Luserna, in questi mesi, ospita un percorso che racconta la preistoria degli Altipiani Cimbri. La mostra si intitola “Gli antichi abitanti”.  Per conoscere i “nuovi”, invece, basta camminare poche centinaia di metri, sulla strada che porta all’imbocco del Sentiero dell’Immaginario, meta di tanti camminatori sia d’estate, sia d’inverno. Sono quattro famiglie, otto adulti tutti sotto i quarant’anni e nove bambini, arrivate a Luserna da appena sei mesi nell’ambito del progetto “Coliving: collaborare, condividere, abitare”, nato dalla collaborazione tra la Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri, ente capofila, la Provincia, il Comune di Luserna e ITEA S.p.A.

DA TUTTA ITALIA
“A me piace il campo da calcio, ci gioco con gli amici”, ci dice Gabriel. “A me la scuola e la natura”, risponde guardandosi attorno Cecilia. Cittadini di domani, oggi bambine e bambini che giocano assieme spensierati nel prato, mentre il cagnolino Marley, cocker di appena tre mesi, scodinzola qua e là con la curiosità di chi ha ancora tutto da scoprire. “Lui è l’ultimo arrivato”, ci conferma Carlo Greco, 36 anni, che dei co-livers è anche il referente. Assieme ad un’altra famiglia di Ferrara, con la moglie Annapaola e i loro tre figli, sono stati i primi ad arrivare dalla Valpolicella, quest’inverno. “Ricordo ancora il trasloco tra i muraglioni di neve, la strada non si vedeva più”, ci racconta indicando il muretto che delimita il cortile. Ad aiutarli, per fortuna, c’erano anche alcuni parenti, trasferitisi a Luserna da parecchi anni. “Venivamo qui da fidanzati d’estate, sono sempre stata innamorata di questo posto”, dice Annapaola, che ha trovato impiego nel minimarket del paese. “Stavamo già cercando di trasferirci qui ma non era facile trovare qualcosa che ci soddisfasse: quando siamo venuti a sapere di questo bando non ci abbiamo pensato su un attimo”.

A Luserna quattro appartamenti Itea accolgono le famiglie del progetto “Coliving”. Foto © Gianni Zotta

NEI PROSSIMI DIECI ANNI? ANCORA QUI…
Stefano Fabris, fotografo professionista, abitava con la famiglia ad Abano Terme, poi la svolta. “Abbiamo deciso di partecipare a questo bando per un motivo su tutti, la salute dei nostri figli”, spiega indicando il verde circostante e la stupenda vista che spazia fino al Brenta. “Dove mi immagino fra dieci anni? Ovviamente ancora a Luserna”, continua ragionando ben oltre la durata del quadriennale progetto. Una scelta non da tutti, certo. Amici e parenti che sono venuti a trovarli – ci fanno notare i co-livers – pur apprezzando il magnifico ambiente naturale, la quiete e il silenzio che solo la montagna sa regalare ai suoi abitanti, non farebbero certo cambio. “Soltanto il pensiero di tornare a Padova mi fa venire l’orticaria, rifarei altre mille volte questa scelta”, sorride Stefano prima di incamminarsi verso la piazza del paese, “scortato” dai figli in monopattino.

Un cartello “emblematico” sulla strada che attraversa Luserna

OLTRE LA PANDEMIA
La leggenda che vuole i “lusernar” una popolazione dura e chiusa è presto smontata, vista anche la grande varietà di ristoranti e strutture ricettive presenti in paese. “Qui vivono persone aperte e disponibili, ci si aiuta tutti, se c’è un problema non è solo il tuo: c’è sempre qualcuno pronto a darti una mano”, riprende Carlo Greco. “Ma, proprio per superare la diffidenza iniziale, è importante che un progetto come questo venga condiviso prima di tutto con il paese, venga presentato per bene: nel nostro caso, anche perché si trattava di un qualcosa di completamente inedito, questa cosa è mancata”.

Il municipio di Luserna. Foto © Gianni Zotta

A LUSERNA LA STRADA NON FINISCE
Dalla scelta di vita alla costruzione di un nuovo futuro, qui a Luserna, che passa anche attraverso l’impegno nel tessuto sociale. Il co-liver deve infatti dedicare volontariamente parte del proprio impegno anche al paese, ma il coronavirus non ha certo aiutato le quattro giovani famiglie. Anzi, le ha pure costrette all’isolamento dopo il focolaio scoppiato all’interno della loro piccola “comunità” nei difficili mesi della seconda ondata. Ora però c’è tutto il tempo di recuperare, per sentirsi sempre meno ospiti e sempre più parte di una realtà piccola, ma storicamente capace di accogliere. “Abbiamo pensato a diverse attività da proporre, dai corsi di fotografia al recupero di zone da dedicare all’apicoltura o a orto biologico”, afferma Greco. “Certo un momento come questo non favorisce la socializzazione e allora, prima di tutto, abbiamo pensato di inserirci nel tessuto associativo, dai Vigili del fuoco volontari alla Pro Loco”. E poi, ogni settimana, c’è il corso di cimbro. “Non è facile, ma ci stiamo provando”, sorride Carlo prima di salutarci. “Bar séngaz! Dovrebbe dirsi così no, ‘arrivederci’?”.

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