Le origini: Il contesto internazionale
Le origini del Forum affondano nella convulsa stagione che vide la mobilitazione di milioni di persone nel mondo contro il pericolo nucleare e la corsa al riarmo. Negli anni Ottanta, le proteste contro l’installazione dei missili Nato nella base militare di Comiso nel Ragusano compattarono il pacifismo italiano, sollecitando l’incontro trasversale di diverse generazioni, parti politiche, corpi sociali. La nuova ondata del movimento coinvolse diverse anime della sinistra, il mondo cattolico, le organizzazioni nonviolente, l’esperienza dell’obiezione di coscienza, coniugando l’impegno per il disarmo con le spinte per la giustizia sociale e la rifondazione del rapporto tra “Nord” e “Sud” del mondo. Al cammino dei diritti si affiancarono le speranze nella fine dell’ordine bipolare: alla fine del decennio, la caduta del muro di Berlino alimenterà il breve sogno di una nuova stagione di pace.
Le origini: Il contesto locale
In quegli anni anche la società trentina era in fermento. Nel 1981 nacque un Comitato per la Pace, il disarmo e la cooperazione fra i popoli che partecipò alla protesta contro gli euromissili. Il testimone fu poi raccolto dal Coordinamento dei Cittadini e delle Associazioni, che contribuì alla raccolta di più di 30.000 firme per un “Trentino territorio denuclearizzato” (1984).
In questo contesto iniziò l’iter verso una legge per la promozione e il coordinamento delle iniziative di pace. Risale al 1982 una prima iniziativa del consigliere Paolo Tonelli (DP). Nel 1984, su proposta di Erminio Lorenzini (DC), il Consiglio provinciale approvò il ddl. n. 23 “Pace e solidarietà”, ma la legge non superò il vaglio del governo. L’attività di elaborazione legislativa proseguì negli anni successivi coinvolgendo direttamente l’associazionismo, in parallelo con la costituzione del Comitato delle Associazioni per la pace e i diritti umani e l’organizzazione del convegno “Rovereto città della Pace?” (1988). Le nuove proposte Tonelli e Lorenzini trovarono sintesi in un testo unificato che arrivò in aula nel maggio 1991. Intanto, la guerra del Golfo aveva aperto una nuova drammatica fase delle relazioni internazionali, alla quale anche il Trentino rispose con un’ampia mobilitazione.
Fin dal 15 gennaio, a Trento, migliaia di cittadini avevano manifestato in piazza Duomo, dove fu allestito un tendone per la pace, premessa della “Casa per la pace” che si diede anche una veste associativa. Il 12 febbraio, un gruppo di pacifisti bloccò il transito del treno carico di armi in viaggio verso l’Iraq; saranno processati e assolti nel giorno stesso della prima assemblea del costituendo Forumpace.
La legge istitutiva e il primo biennio (1991-1993)
Sullo scorcio del XX secolo, in Trentino, l’effervescenza dell’associazionismo e dei movimenti contro la guerra e per il disarmo sollecitò l’adozione della legge provinciale n. 11 del 10 giugno 1991, “Promozione e diffusione della cultura della pace”.
Nacque così il Forum Trentino per la Pace, unicum istituzionale e amministrativo, istituito come concreto strumento di coordinamento tra la società civile e le istituzioni provinciali.
La legge, inizialmente, prevedeva che il presidente potesse essere eletto solo tra i rappresentanti del Consiglio provinciale designati a far parte dell’assemblea. Nel primo biennio, la scelta cadde su Aldo Marzari, affiancato da Vincenzo Barba in qualità di vicepresidente espresso dalle associazioni.
Il nuovo organismo prese avvio in un periodo di sviluppi tumultuosi. Alla guerra del Golfo seguì il feroce riesplodere della violenza bellica sul suolo europeo. Il Forum aderì alle marce della pace a Sarajevo: sotto la guida spirituale di don Tonino Bello, le delegazioni trentine contribuirono ad aprire la strada alle iniziative di solidarietà alle popolazioni ex jugoslave. Intanto anche il Trentino offriva rifugio ai profughi albanesi in fuga dalla polveriera balcanica, nei mesi dei primi sbarchi di massa sulle coste pugliesi.
La seconda e la terza consigliatura (1993-2003)
Tra il 1993 e il 1998 le attività del Forum proseguirono sotto la guida di Roberto Pinter e Lorenza Cescatti. Ai cambiamenti epocali del sistema Italia legati alla lotta contro la mafia e la corruzione si intrecciava la mobilitazione partecipe intorno alle nuove emergenze internazionali, dalla prima guerra cecena al genocidio in Ruanda. In primo piano restavano l’esplosione della ex-Jugoslavia e la partecipazione della comunità trentina all’accoglienza di migliaia di nuovi profughi in arrivo dalla Croazia e dalla Bosnia.
Queste presenze, con il numero crescente di bambini stranieri all’interno delle scuole, aprirono un nuovo capitolo di impegno del Forum sui temi della gestione dei fenomeni migratori e della convivenza.
Nel quinquennio successivo, furono Vincenzo Passerini e Lucia Coppola a continuare l’impegno per favorire un’accoglienza degna e a traghettare il Forum attraverso eventi spartiacque come il G8 di Genova. L’attentato alle Torri gemelle e l’inizio della guerra ventennale in Afghanistan richiesero un nuovo impegno contro la retorica dello “scontro di civiltà”. Dopo i bombardamenti in Iraq, nel 2003, il mondo della pace trentino confluì a Roma, dove 3 milioni di persone scesero in piazza per la più grande manifestazione contro la guerra della storia repubblicana.
La quarta e la quinta consigliatura (2003-2013)
Nel novembre 2003, il testimone passò a Roberto Bombarda e Franca Bazzanella. Durante il loro mandato, una modifica della legge istitutiva del Forum ne trasformò la denominazione in quella attuale – “Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani” -, così fissando anche nella forma quello che nella sostanza era già l’impegno costante per una cultura di pace fondata sui temi della dignità, dei diritti e delle libertà di ogni persona.
Fu inoltre approvata la possibilità di eleggere il presidente tra tutti i membri dell’assemblea, a vantaggio della maggioranza espressa dalle associazioni.
Sul piano del contesto e dei rapporti internazionali, il Forum sollecitò l’estensione in direzione Caucaso delle buone pratiche sperimentate nei Balcani. Con la legislatura successiva, che vide al timone del Forum Michele Nardelli ed Erica Mondini, l’attenzione consolidata allo scenario israelo-palestinese si allargò organicamente a tutta l’area euromediterranea, in parallelo con il fermento delle primavere arabe, lo scoppio della guerra siriana, la tragedia dei naufragi e il varo dell’operazione Mare Nostrum; esplorando il concetto del limite, inoltre, il Forum abbracciò tempestivamente la mobilitazione crescente contro il cambiamento climatico e per la sostenibilità.
La sesta e la settima consigliatura (2013-oggi)
Il quinquennio 2013-2018 e quello in corso si distinguono per la presidenza di Massimiliano Pilati, per la prima volta eletto tra i rappresentanti delle associazioni e affiancato prima dalla consigliera provinciale Violetta Plotegher, poi da Katia Malatesta, scelta nelle fila dell’associazionismo.
In uno scenario internazionale segnato da profonda incertezza, che cancella dalle agende il tema dei diritti, il Forum è chiamato a nuove sfide. Il movimento per la pace si scontra infatti con fenomeni di frammentazione, autoreferenzialità, mancato ricambio generazionale, sullo sfondo della sfiducia nella politica e nelle istituzioni. Alla profonda interdipendenza globale fanno riscontro devastanti guerre e conflitti locali, l’esplosione di nazionalismi e sovranismi, la crescente disuguaglianza sociale, la battaglia politica intorno alla crisi migratoria e la rottura rispetto alle conquiste in materia di accoglienza e cooperazione internazionale. Tuttavia, l’Agenda 2030, le proteste giovanili sui temi del clima e dell’ambiente, il movimento Black Lives Matter, l’esperienza della pandemia prefigurano una nuova convergenza sulla visione sistemica di una società della cura, che ricomprende l’impegno per la pace come prodotto di uno sviluppo sostenibile, in una logica di difesa di tutta la vita.
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