Le croci di oggi

Mons. GianCarlo Bregantini racconta come sono nate le meditazioni che accompagneranno le 14 stazioni della Via Crucis al Colosseo, presieduta da Papa Francesco

Quando, alla fine di gennaio, gli arrivò una telefonata dal Vaticano, mons. GianCarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano in Molise, pensò immediatamente a una chiamata relativa al suo impegno di presidente della Commissione Pontificia per il clero e la vita consacrata. E invece… “Invece, con mia grande sorpresa, la Segreteria di Papa Francesco mi invitava a stendere le meditazioni sulle stazione della Via Crucis di Venerdì Santo al Colosseo”, che sarà presieduta da Papa Francesco. “Davvero, non me lo aspettavo”, confida a Vita Trentina il vescovo originario di Denno in val di Non, raccontando di aver chiesto due giorni di tempo per “digerire” la proposta.

Nel testo delle meditazioni – pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana e disponibile sul sito del Vaticano (una sintesi è alle pagine 4 e 5) – entrano la crisi economica e le ingiustizie di un’economia attenta solo al profitto, le vicende degli immigrati, i mali che tormentano tanti giovani, le ferite delle donne che subiscono violenze, i traumi dei bambini abusati. Ma anche la certezza della speranza.

Venerdì Santo mons. Bregantini non seguirà in tv la diretta dal Colosseo, ma guiderà la Via Crucis a Campobasso: “Sarà accompagnata da un coro di 700 persone, attraverseremo la città antica e gran parte della città nuova, con una sosta davanti al carcere. Ma nel cuore mi porterò questa esperienza”.

Mons. Bregantini, da dove nascono queste meditazioni?

“Mi è stata di grande aiuto la mia esperienza come Stimmatino (a Trento direste 'Bertoniano'). Mi sono ispirato al fondatore della nostra congregazione, san Gaspare Bertoni, di cui cito, nella IV stazione sulla Madonna, una bellissima preghiera. E ho guardato anche a un altro uomo di Dio, fra Immacolato Brienza, un religioso carmelitano di Campobasso, bloccato a letto dall'età di 16 anni, per 51 anni, da una dolorosissima malattia”.

Sono meditazioni incarnate nella realtà quotidiana, c'è la preoccupazione per le ingiustizie provocate dalla crisi economica, ma dietro s’intravede il pastore che sa dell'odore delle pecore…

“C’è l'attenzione al mondo del lavoro, che viene dal mio essere stato operaio (da giovane nelle fabbriche veronesi, ndr), ma anche dall’ascoltare tutti i giorni il dramma della precarietà, della disoccupazione. E ci sono i problemi di oggi, letti alla luce dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che è una delle strumentazioni più acute e profetiche che abbiamo oggi come Chiesa. Talmente acuta da superare le analisi ormai fossilizzate del marxismo: il Papa non parla più di oppressi, ma di esclusi. L’esclusione è il filo rosso che percorre tutta la Via Crucis”.

Di tutte le situazioni di esclusione che lei cita, quali sente più urgenti e pressanti per la Chiesa, in particolare quella italiana.

“Nella realtà italiana, la situazione più grave è quella degli esclusi della precarietà giovanile. E poi il carcere, che è una realtà che nessuno vuole vedere”.

E per la politica?

“E’ legata alla I stazione, quando la conflittualità, le contrapposizioni, le accuse generiche rendono il clima difficile”.

La considerazione per la politica è a livelli minimi. E a maggio ci aspetta l'appuntamento con le elezioni europee. Come si concretizza il suo auspicio a recuperare la stima per la politica?

“La frase è di don Milani, io l’ho ripresa e l’hanno lasciata: ‘Uscirne insieme è politica, uscirne da soli è egoismo’. C’è una considerazione positiva della politica, come dice anche la Evangelii gaudium al n. 205. E c’è dentro anche un appello a lavorare insieme. L’aspetto positivo della politica emerge da quattro figure della Via Crucis: il Cireneo, che è il prendersi il peso dell’altro; la Veronica, la delicatezza femminile, la gratuità; le donne, alle quali Gesù chiede – come chiede oggi a noi e alla politica – commozione e solidarietà, ma non commiserazione; Maria, che accoglie e accompagna; e Giuseppe di Arimatea. La Via Crucis è intessuta di elementi di durezza e di elementi di dolcezza. E ciò la rende tremendamente bella e attuale, anche se drammatica”.

“Insieme” è una delle parole che torna frequentemente in queste meditazioni: lottare insieme per il lavoro, uscire insieme dai problemi… può essere il filo che lega il Nord e il Sud d'Italia?

“Ah, certo, ma non solo Nord e Sud, che ormai si assomigliano assai, ma anche chi ha il posto rispetto a chi è precario, chi va in pensione rispetto a chi entra nel mondo del lavoro, chi non pensa alla solidarietà e chi è escluso…”.

C'è poi la dimensione del dolore, spesso innocente…

“Incontrare il dolore dell’altro mi aiuta a redimere il mio dolore. L’altro non è un peso, non è una noia che mi rende la vita carica di pensieri: l’altro mi aiuta e mi redime, come vediamo nella VII stazione”.

“Speranza” è la parola più ricorrente nel testo delle meditazioni (11 volte): Gesù cade, noi cadiamo, ma possiamo risollevarci…

“Ah, sì? Non le avevo contate! Direi che oggi il compito della Chiesa non è quello di pensare agli aspetti tecnici e gestionali, non abbiamo più bisogno di preti che facciano le casse rurali come un tempo in Trentino. Ma abbiamo bisogno di preti che aiutino, in particolare i giovani, a non perdere la speranza. La speranza non si compra né si vende, nemmeno negli ipermercati aperti la domenica. La speranza si costruisce insieme, è una radice di fede che produce un albero”.

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