Perché si fa così tanta fatica a "mettersi nelle scarpe degli altri?". È giusto lasciare l'elemosina a chi chiede aiuto per strada? Bisogna accogliere tutti i migranti o è necessario porre dei limiti? Domande franche e risposte altrettanto sincere, per un numero “speciale” di Scarp de’ tenis, la rivista di strada sostenuta da Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana. Il mensile milanese è uscito, per il mese di marzo, con un'intervista esclusiva a Papa Francesco – raccolta dal direttore Stefano Lampertico e Antonio Mininni, prima venditore e poi responsabile della redazione di strada – in preparazione alla visita a Milano del prossimo 25 marzo.
Un colloquio ricco di aneddoti, con un invito molto concreto. “È molto faticoso – riflette Francesco – mettersi nelle scarpe degli altri, perché spesso siamo schiavi del nostro egoismo. A un primo livello possiamo dire che la gente preferisce pensare ai propri problemi senza voler vedere la sofferenza o le difficoltà dell’altro. C’è un altro livello però. Mettersi nelle scarpe degli altri significa avere grande capacità di comprensione, di capire il momento e le situazioni difficili”. “Spesso per supplire a questa mancanza di grandezza, di ricchezza e di umanità ci si perde nelle parole. Si parla. Si parla. Si consiglia”, osserva il Papa: “Ma quando ci sono solo le parole o troppe parole non c’è questa ‘grandezza’ di mettersi nelle scarpe degli altri”. Ad esempio, spiega il Papa, “si può vedere un senza tetto e guardarlo come una persona, oppure come fosse un cane. E loro di questo differente modo di guardare se ne accorgono”.
Il Papa risponde a una domanda sull’elemosina alle persone che chiedono aiuto per strada. “Ci sono tanti argomenti per giustificare se stessi quando non si fa l’elemosina: ‘Ma come, io dono dei soldi e poi lui li spende per bere un bicchiere di vino?’”. “Un bicchiere di vino – sottolinea – è l’unica felicità che ha nella vita, va bene così. Domandati piuttosto che cosa fai tu di nascosto? Tu quale ‘felicità’ cerchi di nascosto?”. E poi, prosegue, è importante il gesto: “Buttare i soldi e non guardare negli occhi, non è un gesto da cristiano”.
Rispondendo a una domanda su Milano e i senza dimora, il Papa parla del rapporto tra centro e periferia partendo dalla sua esperienza a Buenos Aires: “Nelle baraccopoli c’è più solidarietà che non nei quartieri del centro. Nelle villa miseria ci sono molti problemi, ma spesso i poveri sono più solidali tra loro, perché sentono che hanno bisogno l’uno dell’altro”.
Il Papa interviene anche sui migranti: “Hanno il diritto di emigrare e hanno diritto a essere accolti e aiutati”. L'accoglienza, però, va unita alla virtù della prudenza, “che dovrebbe essere propria di tutti i governanti”: “Significa accogliere tutti coloro che si 'possono' accogliere. E accogliere significa integrare”, un lavoro molto difficile e a doppio senso. Ma fondamentale, perché “se i migranti non si integrano vengono ghettizzati”.
Sulla sua vita da Papa: “C'è solo una cosa che mi manca tanto: la possibilità di uscire e andare per strada”. Poi le sue aspettative sulla visita del 25 marzo: “Milano non la conosco, ma ho un grande desiderio, mi aspetto di incontrare tanta gente”.
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