DOMENICA 23 MAGGIO 2021 – PENTECOSTE – ANNO B
At 2,1-11 – Gal 6,16 – 26 – Gv 15,26-27; 16,12-15
Pentecoste è la terza festa più importante dell’anno liturgico. La prima è il Natale, quando ricordiamo Dio che si fa uomo, la seconda è Pasqua, che celebra Cristo Risorto e la vittoria su ogni oppressione. E poi la Pentecoste, nella quale rievochiamo l’avvento dello Spirito che inonda la Chiesa e la invia nel mondo per la costruzione del Regno.
Tutto accade a Gerusalemme, cinquanta giorni dopo la risurrezione. Gli apostoli sono riuniti «perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (At 1, 13 – 14). È la comunità dei credenti in Gesù di Nazareth, nella quale donne e uomini esprimono la loro fede in lui risorto e ritornato al Padre. Lo Spirito Santo, già consegnato da Gesù sulla croce (cfr. Gv 19,30), come preludio all’effusione sui discepoli ad opera del Risorto, è colui che rende presente Cristo nella Chiesa, rende i cristiani capaci di testimonianza e accompagna l’evangelizzazione. Ma oggi come agisce lo Spirito?
Nel nostro tempo assistiamo sempre di più alla difficoltà di capirsi; nonostante il moltiplicarsi degli strumenti di comunicazione, facciamo sempre più fatica a distinguere il vero dal falso. La comunicazione è diventata violenta, superficiale, piena di slogan. Ne deriva l’impressione di vivere in un mondo diviso anche all’interno della comunità cristiana. A ben guardare stiamo costruendo una nuova Babele, dove ciascuno è irrigidito nella sua posizione ed è convinto che la sua torre porterà sicuramente al cielo. Dicono gli Atti degli apostoli che all’improvviso venne un vento impetuoso e lingue come di fuoco si posarono su ciascuno dei discepoli. Tutti dunque, e non solamente gli apostoli, ricevono lo Spirito con cui interpretare la Parola di Dio. Ne deriva che se davvero crediamo alla Chiesa nata a Pentecoste, tutti i discepoli (tutti i battezzati) sono responsabili nella Chiesa e della Chiesa e sono chiamati a dare il loro apporto nell’interpretare la Parola di Dio e nell’annunciare il Vangelo.
Tutti sono chiamati a creare unità, a superare la confusione generata a Babele, ma senza eliminare le diversità, senza creare un mondo uniforme. Gesù dirà: «Come il Padre ha mandato me, così anch’io mando voi» (Gv 19,20). Gesù ci invia nel mondo; ci invita ad uscire dal tempio, da un luogo rassicurante, per immergerci dentro i problemi del nostro tempo e delle speranze della gente, dove lo Spirito ci renderà capaci di seminare verità e libertà. E sempre lo Spirito ci spinge a superare due tentazioni che Enrico Chiavacci, teologo e moralista, enuncia così: bisogna superare l’idea di una Chiesa clericale, che riserva ogni potere decisionale per la vita della Chiesa ai vescovi e ai sacerdoti, come pure il fatto che oggi i laici hanno un potere solo consultivo o esecutivo. L’altra tentazione è quella dell’omologazione culturale in un mondo che ha fatto del dialogo tra culture diverse il suo punto di forza.
Non si può più confondere l’annuncio del Vangelo con l’annuncio della via occidentale per vivere il Vangelo ed esprimerlo nella comunità. E conclude: «Solo una Chiesa povera al suo interno, veramente libera al suo esterno di fronte ai poteri terreni, economici, politici e di ogni altro genere, solo una tale Chiesa può annunciare in modo credibile il Regno, e far progredire la famiglia umana verso la sua finale trasformazione in famiglia di Dio». Anche questa è la rivoluzione portata dal vento e dal fuoco dello Spirito a Pentecoste!
E secondo voi?
Sono convinto che la Chiesa è di tutti, perché su tutti è sceso lo Spirito e quindi anch’io ne sono responsabile?
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