Cles. “Proviamo a camminare in maniera diversa a fianco della comunità”. Quando, in autunno, l’oratorio San Rocco di via Guglielmo Marconi è stato costretto a chiudere i battenti per la seconda volta in un anno, il direttivo ha deciso che era giunto il momento di mettersi in gioco con un nuovo progetto rivolto a tutta la comunità. “Volevamo riprendere in mano il filo delle nostre relazioni”, spiega Stella Menapace, del direttivo dell’associazione Oratorio San Rocco. “Abbiamo deciso di farlo mettendoci in ascolto di chi vive un momento di difficoltà, che non dev’essere per forza una persona particolarmente fragile. In questo periodo tutti stiamo soffrendo l’isolamento, come abbiamo osservato anche all’interno del nostro gruppo”.
Il direttivo ha chiesto quindi aiuto al parroco di Cles, don Renzo Zeni, e a don Sandro Lutteri, che quand’era parroco a Mezzolombardo aveva fondato una sede della Caritas e un Centro d’Ascolto (Cedas). L’obiettivo è istituire nelle sale dell’oratorio un punto d’ascolto attivo un paio di giorni a settimana. Nel frattempo, in vista dell’apertura del Cedas, il direttivo sta organizzando un percorso formativo con il supporto della Caritas di Trento, nelle persone di Alessandro Martinelli e Cristian Gatti. Il ciclo d’incontri si chiama “Riscoprire”, un invito ai partecipanti a disseppellire la bellezza dell’ascolto, della comunità e dell’accompagnamento: questi i temi ai quali sono stati dedicati gli incontri, da poco conclusi. Hanno aderito al percorso un’ottantina di persone, sia adulti sia ragazzi dalla quinta superiore in poi.
“Ci saranno dei laboratori in presenza, organizzati con il supporto della Caritas Alta Val di Non, che ci parlerà della sua esperienza”, spiega Menapace. “È invitato chiunque abbia partecipato al percorso formativo e voglia mettersi in gioco come volontario del futuro Centro d’Ascolto”. Non si tratta di un aiuto che andrà a sovrapporsi all’attività dei servizi sociali della Comunità di Valle. “Il Centro d’Ascolto è ‘solo’ un primo passaggio per chi ha una fragilità, deve chiedere aiuto o ha bisogno di essere ascoltato”, dice Menapace. Il messaggio che l’oratorio San Rocco ha trasmesso in occasione della prima chiusura, a marzo del 2020, era molto simile. “Non possiamo retrocedere, ci siamo detti, dobbiamo trasmettere positività”, racconta Anna Graiff, del direttivo, fino a ottobre presidente dell’associazione, ora diretta da Annalisa Buratti.
Ed è sempre andato avanti senza mai fermarsi il gruppo adolescenti, soprannominato “Gruppo Ado”. “Con il passaggio all’online abbiamo perso qualche ragazzo”, spiega Lorenzo Gebelin, studente universitario e animatore del gruppo. “Però la nostra idea, appunto, era quella di continuare in ogni caso la nostra attività, indipendentemente dal numero di ragazzi”. Il tema del “Gruppo Ado”, quest’anno, è il “prendersi cura”: degli altri, di se stessi, del creato e di Dio. È l’argomento su cui si è soffermata anche la giornata degli animatori, organizzata dalla segreteria degli oratori della Val di Non e della Val di Sole domenica 9 maggio. Ma è anche il filo conduttore che legherà le settimane di Grest rivolte ai bambini delle elementari e ai ragazzi delle medie, che si terranno le prime due settimane di luglio.
Non mancano, poi, le proposte per gli universitari. “Ciò che osservavamo, dopo la quarta, quinta superiore, era un vuoto di presenze”, racconta Graiff. “Certo, c’era chi restava in qualità di animatore, ma si trattava di una minoranza. Allora abbiamo deciso di proporre alcuni percorsi appositamente per gli universitari”. In questo periodo, l’oratorio San Rocco cura la rassegna “Cercatori di perle”, dedicata al tema del perdono, delle carceri e della giustizia riparativa. Dopo quattro incontri, l’ultimo dei quali avrà come relatore monsignor Giancarlo Maria Bregantini, ci sarà una visita guidata al carcere femminile della Giudecca, a Venezia.
San Rocco, quindi, è un oratorio in fermento, che si è rimboccato le maniche e che ha saputo tornare alla vita di comunità anche dopo il lungo periodo di “reclusione”. “È logico che nel momento in cui ti fermi, dopo anni di attività, riscopri la bellezza di stare a casa e passare più tempo con la tua famiglia”, commenta Graiff. “Intravvedevo qualcosa di positivo nel fatto di non dover più uscire di casa, dopo cena, per fare le cinquecentomila attività che svolgevo prima del Covid. Però l’oratorio è una cosa in cui crediamo, che portiamo avanti e che ci è mancata. Ci aiuta a mantenerci vivi in un momento in cui rischiamo davvero di appiattirci, di rimanere seduti sul divano di casa”.
Il senso dell’oratorio, raccontano Anna, Stella e Lorenzo, è quello di uscire, di volgersi alla comunità. “Ai Grest hanno sempre partecipato anche i figli di alcune persone straniere”, conclude Anna Graiff. “Lavoriamo spesso anche con la Comunità islamica del Comune di Cles. Prima del Covid mettevamo a disposizione alcune sale dell’oratorio per i loro matrimoni, mentre loro ci invitavano alle cene che organizzavano”.
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