Empatia e assunzione di punti di vista diversi sulla realtà delle cose sono alla base della capacità che le persone hanno di partecipare alle situazioni, facili o difficili, degli altri. Mettersi nei panni di qualcuno è ciò che rende le persone “umane”, che le aiuta a capire reazioni e sentimenti. La lettura, la cosiddetta lettura “profonda”, allena questa capacità. Ma servono anche le storie giuste.
“La traversata” (Il Castoro, 2021 – da 11 anni) di Francesco D’Adamo è una di queste. A cavallo tra cronaca, sogno e fiaba, la storia del vecchio marinaio Ezechiele immerge il lettore nella difficile realtà delle traversate in mare da parte dei migranti sui barconi in balia delle onde e degli scafisti: viaggi terribili ed eterni nella speranza di raggiungere una vita migliore, che spesso, però, restano viaggi verso un miraggio che, all’approdo, svanisce nel nulla.
Ezechiele è un vecchio marinaio siciliano rimasto solo: sua moglie è morta e suo figlio vive ormai da decenni in Svizzera con una moglie e un bambino biondi. È raro che il nipotino Tonino venga a fargli visita, ma Ezechiele lo ha sempre nel cuore e nella mente. Una sera di tempesta, prima di andare a dormire, Ezechiele viene attirato sulla spiaggia da strani rumori: è un’imbarcazione che si è incagliata sulla costa e diversi naufraghi spaventati giungono a riva aiutati dalla catena umana che gli abitanti del paesino hanno fatto per salvarli. Subito, però, questi migranti fuggono e sulla sabbia rimane solo uno zainetto da bimbo con dentro alcuni quaderni e delle matite. Appartiene a un piccolo di nome Omar di cui, però, non ci sono tracce.
Ezechiele non rimane indifferente alla vicenda umana che gli sta davanti e decide di imbarcarsi sul suo vecchio peschereccio “Esmeralda” e partire alla ricerca della mamma di Omar per rassicurarla che il suo piccolo è sano e salvo. Inizia così un viaggio che rimane in bilico tra sogno e realtà: Ezechiele, accompagnato da Tonino e dal cane Spaghetti, affronta il mare aperto, fa tappa sull’Isola che non c’è dove vivono coloro che non ce l’hanno fatta ad approdare in terra sicura, sfida la guardia costiera tunisina e un militare che alla fine finge di non averli visti. L’impresa, però, tra mille peripezie risulta vincente ed Ezechiele, tornato a casa soddisfatto di ciò che ha fatto, saluta nipote e cagnolino e si addormenta pensando alla sua cara moglie.
Con questa storia oscillante tra realtà, sogno e fantasia, Francesco D’Adamo, riesce a toccare con grande abilità narrativa, e senza retorica o moralismi, le vicende umane della migrazione mettendosi, e mettendo il lettore, nei panni di tutti coloro che sono coinvolti: chi parte, chi arriva, chi non arriva, chi rimane a casa senza sapere nulla, chi accoglie, chi non accoglie, chi vede e aiuta, chi, invece, si gira dall’altra parte. Come una storia epica e di avventura, la vicenda di Ezechiele e dei suoi compagni si dipana con ritmo sostenuto raccontando di un viaggio che sembra inutile, ma che, invece, è assolutamente necessario: Ezechiele sente di doverlo fare e farlo è importante.
Ancora una volta la vena “civilmente impegnata” di Francesco D’Adamo emerge nel suo affrontare temi d’attualità scomodi e sempre rigorosamente dalla parte dei più deboli. È il suo modo di dire ai ragazzi di oggi che non è permesso guardare la realtà con indifferenza. Loro sono gli adulti di domani ed è fondamentale che abbiano contezza di ciò che succede, che vedano, che guardino, che si arrabbino, si indignino, non rimangano inerti.
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