“Di fronte alla necessità, per i laici, di assumersi sempre più responsabilità, le Unità pastorali saranno quel livello di reciproco aiuto per formare comunità cristiane in missione”
Bolzano – Secondo le previsioni tra vent’anni i parroci attivi per la pastorale nelle 281 parrocchie della diocesi di Bolzano-Bressanone non saranno più di cinquanta. Ma è necessario uscire dalla logica secondo la quale i cambiamenti strutturali nella Chiesa avvengono a causa della carenza di clero. In quest’ottica nei giorni scorsi, in sei incontri territoriali molto affollati, è stato presentato il nuovo piano delle Unità pastorali. Ne abbiamo parlato con Reinhard Demetz, direttore dell’Ufficio pastorale diocesano.
Dopo il Sinodo diocesano quale nuova prospettiva viene data alle Unità pastorali?
Il Sinodo ha dato un forte impulso allo sviluppo delle Unità pastorali. Esse sono concepite come una rete di parrocchie che, rimanendo autonome come tali, nell’Unità pastorale si confrontano e si sostengono sui temi e le prospettive comuni alle stesse parrocchie. Il Sinodo inoltre ha deciso che la geografia delle Unità pastorali non va disegnata in base al numero dei presbiteri disponibili. Ci stiamo quindi arrivando al punto di considerare l’Unità pastorale come rete di parrocchie, piuttosto che come ambito di azione pastorale di uno o più preti.
A che punto è il percorso di realizzazione delle Unità pastorali?
Alcune sono già realizzate o in via di realizzazione (27). Qualcuna di queste però risulta troppo piccola (per fare una buona rete è bene che ci sia una decina di parrocchie all’interno di un’Unità pastorale) e quindi sarà ampliata. Nel complesso arriveremo a circa 30 Unità pastorali per il territorio diocesano più due realtà più complesse per Bolzano e Merano: le “pastorali cittadine”.
Ci sono stati sei incontri di presentazione. Come reagiscono i fedeli alla proposta?
La proposta in sé incontra molto favore. Si percepisce chiaramente che è bene che le parrocchie collaborino stabilmente tra di loro su un territorio definito. Destano invece molte preoccupazioni le condizioni generali entro le quali questo progetto prenderà forma. Tra vent’anni ci saranno presumibilmente cinquanta presbiteri attivi per 281 parrocchie e quindi i laici dovranno assumersi sempre più responsabilità per la vita della comunità cristiana. Questa infatti è la grande novità di cui si sta prendendo coscienza. Le Unità pastorali invece promettono di diventare quel livello di reciproco aiuto e sostegno di cui abbiamo bisogno per sostenere e formare comunità cristiane in missione.
Quali, nei prossimi anni, le sfide in relazione alle Unità pastorali?
La grande sfida sarà la formazione e l’accompagnamento dei volontari. Il numero ridotto e l’età avanzata del clero comporta un crescente bisogno di persone formate. Dobbiamo rafforzare le radici spirituali, le competenze teologiche e le conoscenze pratiche. L’Unità pastorale è la rete tra parrocchie di cui ognuna ha una varietà di ministeri e servizi. La formazione e l’accompagnamento di quest’ultimi quindi risultano strategici. Ma con questo non abbiamo detto la cosa più importante: quale che sia la situazione concreta della Chiesa e della sua organizzazione sul territorio, il mandato essenziale della Chiesa, di essere segno e strumento per l’unione degli uomini con Dio e tra di loro, di essere testimoni del Regno di Dio, è sempre più grande di ogni organigramma e non può essere oggetto di progettazione. Alla fine conta soltanto la risposta di ogni singolo cristiano alla chiamata del Signore.
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