La fiaccola da portare avanti

L'invito del Papa a seguire l'esempio di don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari è richiamo per tutti ad una fede incarnata

“Credo che con questo viaggio in due tappe – scriveva il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nel saluto di benvenuto a Papa Francesco – il Papa voglia mostrare la grandezza del sacerdozio, dell’essere preti e dell’essere parroci in modo particolare, indicando due testimonianze alte del modo di stare, da prete e da parroco, accanto alla propria gente, ascoltandola, accompagnandola e sostenendola”.

Don Milani e don Mazzolari, due sacerdoti che in vita ebbero modo di collaborare e di condividere le medesime prospettive dalle quali guardare al prossimo e con le quali intraprendere il loro servizio. Due sacerdoti che, loro malgrado, attirarono l'attenzione nazionale e non solo, riportando al centro del dibattito anche politico, la necessità di guardare alla persona, alla sua dignità più vera, al di là di ogni appartenenza o convinzione.

Don Milani in particolare, vide nell'istruzione, nella cultura e nella politica, gli strumenti di civiltà che avrebbero rimosso le disuguaglianze sociali e avrebbero contribuito a rendere la fede dei sui parrocchiani più autentica e vera, tanto da considerare la scuola popolare aperta quando era ancora cappellano, “sacra come un ottavo sacramento”, chiave dell'evangelizzazione del suo popolo. Sono dunque condivisibili in pieno le parole dal Papa, secondo il quale “l'atto di abbandono alla misericordia di Dio” è la “prospettiva da cui guardare la vita, le opere ed il sacerdozio di don Lorenzo Milani. Le sofferenze, le ferite subite, non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale del Cristo risorto, perché la sua unica preoccupazione è sempre stata quella che i sui ragazzi crescessero con la mente aperta ed il cuore accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù. Voleva risvegliare nelle persone l'uomo, per aprirlo al divino, per condurli ad una fede consapevole”.

Salire a Barbiana per ricordare il sacerdote fiorentino, a cinquant’anni dalla sua prematura scomparsa, è allora l’occasione, un po’ per tutti, per tornare alla sua testimonianza, per riscoprire l’autenticità del suo pensiero, anche se non volle mai essere considerato un pensatore, un teorico. Riascoltare e rileggere le sue parole, precise e sferzanti, che parlano alla Chiesa, alle famiglie, alla scuola, alla politica, spinte da “un’inquietudine spirituale alimentata dall’amore per Cristo, il Vangelo, la Chiesa” ha ricordato ancora il papa, ribadendo che “la dimensione sacerdotale è la radice di tutto, in questo prete trasparente e duro come un diamante”. Se l’incontro con la scuola per Milani fu casuale, non lo fu la scelta esclusiva di dedicare tutto se stesso al fare scuola: “il dare dottrina e sacramenti mi sono preclusi dell’abisso di dislivello umano e perciò non mi sento parroco che nel far scuola”. Una scuola a tutto tondo, una scuola nella quale le famiglie devono sentirsi protagoniste e devono essere parte attiva e partecipe del percoso formativo dei figli: “questo libro non è scritto per gli insegnanti, ma per i genitori. E’ un invito a organizzarsi”, scrivono i ragazzi di Barbiana nella loro famosa lettera. E’ conseguente allora il richiamo alla politica, perché è da questa che passa la difesa dei diritti e l’impegno dei doveri, perché “il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli e l’avarizia”.

Una politica che investe ogni settore dell’attività umana e che non consente l’indifferenza e la rassegnazione, ma che richiama ad una più cosciente e reale partecipazione civile. Per questo insegnava ai suoi ragazzi ad essere critici, attenti, a parlare con franchezza per difendere i propri diritti e lo faceva anche con l’esempio pratico. Non solo con le famose lettere ai cappellani militari ed ai giudici per la difesa della libertà di coscienza, ma anche con i tanti interventi meno noti sulla proprietà privata, sul bene pubblico dell’acqua, sul diritto alla casa, sull’accoglienza, sui diritti delle donne. Insegnava con l’esempio ad avere coraggio, persuaso che i ragazzi “bisogna che si sentano ognuno responsabile di tutto”. Sentirsi responsabili di tutto è l’eredità di Barbiana più difficile da raccogliere, in un tempo in cui è venuta meno l’adesione a grandi organizzazioni collettive, torna con forza la necessità di educare alla responsabilità, sapendo compiere scelte coerenti per il futuro del pianeta e per la convivenza tra gli esseri umani. Ritornare a don Lorenzo e rileggere don Milani, un’occasione per ritrovare l’autenticità coerente di un sacerdote “testimone di Cristo e del Vangelo – ha ricordato papa Francesco – che ha sempre cercato la luce e la tenerezza, la grazia e la consolazione che solo Cristo ci dona e che possiamo incontrare nella Chiesa nostra madre”.

“Prendete la fiaccola e portatela avanti” è stata l'esortazione rivolta ai sacerdoti, ai giovani, agli ex alunni di don Lorenzo Milani, saliti a Barbiana – e pregate che anche io prenda esempio da questo bravo prete”. Ma vale per tutti noi.

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