La notizia che La Finanziaria Trentina, la società presieduta da Lino Benassi, intende cedere parte delle proprie azioni di Dolomiti Energia Holding (DEH) è di quelle che creano una certa fibrillazione. DEH è infatti un marchio di qualità nel catalogo delle imprese trentine. È una multiutility, cioè un soggetto che eroga vari servizi di pubblica utilità, quindi in stretta connessione con il benessere dei cittadini; un Gruppo che, ben gestito, si è guadagnato una reputazione di tutto rispetto nel panorama nazionale. Di qui l’attenzione alle sue vicende.
Con 1.362 dipendenti, 780 mila clienti, 1,4 miliardi di ricavi e 98 milioni di utile (2020), DEH è presente in tutta la filiera energetica (con il 97% di produzione da fonti rinnovabili), nei servizi idrici, ambientali, di illuminazione pubblica, di cogenerazione e teleriscaldamento. Si articola in varie società, con importanti patrimoni (come le 22 centrali idroelettriche di Hydro DE).
Nel Gruppo si rinvengono sia le virtù dell’azionariato pubblico, garante degli interessi della comunità (anche mediante il reimpiego dei dividendi percepiti) sia la feconda contaminazione con la cultura d’impresa, grazie a una qualificata presenza del privato. Come nella quasi totalità delle utility italiane, i soci pubblici hanno il controllo: il principale è FinDolomiti Energia (47,8%) formata da Trentino Sviluppo e dai Comuni di Trento e Rovereto, che sono anche soci diretti (Trento 5,8%, Rovereto 4,3%); fra gli azionisti privati, il primo è Ft Energia (11,9%), seguita da Fondazione Caritro (5,3%), ISA (4,2%) e altri, fra cui Fincoop.
La mossa di Benassi ha aperto il sipario su almeno tre questioni.
La prima è la proprietà mista: qualche altra realtà (come Alperia a Bolzano) ha optato per la proprietà totalmente pubblica, una scelta di garanzia. Ma anche una presa di distanza dalle competenze e dalle risorse dei privati, che invece il Trentino ha cercato, nel solco del principio di sussidiarietà, valorizzando investitori istituzionali radicati nel territorio. Non c’è un modello migliore in assoluto; dipende dai soggetti in campo: il modello misto attuato in Trentino funziona e crea valore. L’importante è che continui a farlo, anche grazie al collante della responsabilità sociale degli azionisti.
Il secondo punto, piuttosto controverso, è la quotazione in borsa, che amplierebbe la platea degli investitori, e offrirebbe anche ai piccoli risparmiatori azioni redditizie e facili da rivendere. Si avrebbe il doppio effetto di socializzare ulteriormente il Gruppo e di reperire nuove risorse per gli ingenti investimenti che questo tipo di aziende deve affrontare. Occorre però che il flottante (la parte di capitale sociale effettivamente circolante sul mercato azionario) raggiunga una consistenza che dia senso all’adozione delle rigide procedure borsistiche.
La terza questione è la scadenza di una serie di concessioni idroelettriche (fra due anni), di norma da rinnovare con una gara, che potrebbe sconvolgere gli attuali assetti. Per evitarlo, il Presidente Fugatti ha prospettato al Governo una proroga dei termini. In ogni caso le centrali, opere imponenti e ardite, rappresentano una solida ricchezza a servizio dell’energia pulita. E un saldo ancoraggio al territorio.
Tutte queste partite si disputano sul terreno della transizione ecologica, che esige visione, capacità e investimenti. DEH se la può giocare, perché è una bella squadra, e c’è da star certi che tutti i giocatori si spenderanno per rinvigorirla.
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