Segnati dal Covid. Don Lino Zatelli: “Ho scoperto il volto più bello della comunità”

Don Lino Zatelli, parroco di San Carlo

“Non vedevo l’ora di tornare fra la mia gente. È stato il mio sogno e il mio sostegno poter rivedere presto la comunità”. Assente dal 19 febbraio, il parroco di San Carlo don Lino Zatelli è tornato a celebrare domenica 4 aprile nella sua chiesa la Messa delle 10 (diffusa anche in streaming per i malati della Clarina) e poi alle 18.30, attendendo mezz’ora prima – come è solito fare – la gente all’ingresso della chiesa, scambiando due parole. “Una Pasqua particolare, ma veramente Pasqua. In tanti hanno pregato per me, molti qui in chiesa, alcuni si sono dati anche appuntamento in videocollegamento. Davvero splendidi”.

Si ferma in silenzio, don Lino, dando voce a pensieri che lo hanno accompagnato nella lunga convalescenza: “Quest’esperienza mi ha fatto scoprire il volto più bello della comunità. Saperla impegnata nella preghiera, personale e di gruppo, è stato incoraggiante. Per noi sacerdoti è importante sentire che la gente ti vuole bene, ti cerca, ti dà coraggio. Hai un’ulteriore dimostrazione di affetto e di amicizia che ti impegna a guardare al futuro: da questa base interessante si prende slancio per riprogettare insieme un futuro in parrocchia”.

Prete di ampie letture, appassionato della Bibbia, don Lino riconosce azzeccata l’immagine evocata da papa Francesco il 27 marzo 2020, quella della malattia come una tempesta. Non ha avuto paura di cadere dalla barca? “Una certa paura c’è stata, perché il virus ti indebolisce fisicamente ma anche psicologicamente. Però più della paura di cadere dalla barca – ad un certo punto, essendo molto debilitato, mi sono abbandonato al Signore in un momento di forte verità – c’è la preoccupazione di sapere fino a quando la barca tiene. Ovvero, se si riuscirà a tenere fino all’approdo, a concludere questa traversata”. E la preghiera? “In certi momenti, sei confuso, ti stanchi subito, cominci e non finisciinvochi l’ossigeno, non riesci a spiritualizzare molto perché sei attaccato alla dimensione umana, alla sopravvivenza. Poi recuperi in modo ancora più intenso la dimensione della preghiera. Ma il virus è una brutta bestia: in certi momenti ti viene facile il pianto e ti riesce difficile fare una telefonata”.

Trascorsi i primi 11 giorni isolato in canonica (“Mi lasciavano il pranzo sulla porta esterna, non potevo avvicinare nessuno”), don Lino è stato poi ricoverato due settimane all’ospedale di Rovereto, realizzando un’esperienza di solidarietà preziosa e di umanità dentro la stanza con l’ossigeno: “Sui volti dei compagni vedi la paura e la tristezza – racconta – . Allora si diventa amici, ci si sostiene anche solo con lo sguardo da un letto all’altro. Tanto che quando mi hanno dimesso mi sentivo privilegiato, egoista. Mi è venuta qualche lacrima, cogliendo come dal grande dolore nasce una grande umanità”.

Don Lino, classe 1951, prova tristezza per “la grave perdita di tanti sacerdoti in quest’anno di pandemia, tristezza assoluta”, sottolinea la professionalità di medici e operatori sanitari (“li definisco esperti di umanità”), ringrazia anche i confratelli, mons. Bressan e lo stesso arcivescovo Lauro che – pur in malattia – gli ha telefonato spesso. Ci vorrà ancora qualche buona settimana per recuperare il fiato e le forze, ma si sente proiettato verso il futuro accompagnato dal brano evangelico in cui Gesù Risorto – sentendosi amato da Pietro – si prepara alla Galilea. Un’immagine che mi interroga e mi sostiene”.

Com’è cambiato il modo di vedere il Covid? “Tantissimo. Non si può essere superficiali. Questa malattia, lo capisci entrando in ospedale, è una cosa molto molto seria, si soffre e si muore. Ora mi sento di essere anche severo sulle misure di prevenzione, non possiamo essere superficiali”.

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Buona sera! Spero che le mie parole giungano al cuore di Don Lino! …. Certo la vita ci cambia e spesso in modo profondo e indelebile! È già da tempo che mi sono accostato in modo, abbastanza importante a Dio attraverso il Santo Spirito completato in Cristo attraverso Maria Santissima! Ebbene continuo a non essere un bigotto come, (spero di non apparire sfacciato nell’usare la desinenza del Tu) tu mi hai insegnato…senza mai perdere la profondità di rimanere un mediocre cristiano!…Sono passati moltissimi anni da quando ero un ragazzino pieno di ansie e tu mi stavi sempre vicino con i… Leggi il resto »

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