Qualche minuto prima delle sei – la notte cedeva il posto ad una domenica radiosa – una sessantina di persone si sono ritrovate alla chiesa di San Rocco, sul poggiolo che da Cembra guarda verso il fondovalle, per rinnovare la traversata verso la Madonna dell’Uva a Piazzo di Segonzano, tanto cara ai loro nonni. “Viviamo questa camminata come un vero pellegrinaggio che ci porta a contemplare la bellezza di questi vigneti e la forza della fede dei nostri predecessori”, ha introdotto don Bruno Tomasi, raccogliendo l’invito dei parrocchiani e pure di Papa Francesco che raccomandava ai “nuovi” vescovi italiani nel 2017 di guardare con “una delicatezza speciale alla cultura e alla religiosità del popolo”. “Esse non sono qualcosa da tollerare, o meri strumenti da manovrare” – spiegava Bergoglio, convinto dalla sua esperienza di pastore in America Latina – o una “cenerentola” da tenere sempre nascosta perché indegna di accedere al salotto nobile dei concetti e delle ragioni superiori della fede. Anzi, bisogna averne cura e dialogare con la cultura e la religiosità del popolo, perché, oltre a costituire il sostrato che custodisce l’autocomprensione della gente, sono un vero soggetto di evangelizzazione, dal quale il vostro discernimento non può prescindere”.
Ma perchè da almeno quattro secoli si va in processione a Piazzo la prima domenica di luglio (o la seconda se la prima cade proprio, come quest’anno, il primo luglio)? Gli anziani di Cembra ammettono che la tradizione si perde lontana, un voto forse del 1626, con data non precisa: certa è la menzione in un registro spese dell’archivio comunale di Cembra nel 1726. Fu invocata la Madonna di Piazzo a seguito di “una burrasca con violento temporale che terminò con la caduta della neve”, con il raccolto compromesso. “Negli anni abbiamo altre testimonianze di invocazione e anche ringraziamento per il frutto del lavoro dei nostri viticoltori, tanto che furono coinvolti perfino i sette comuni della valle nel sostenere questa tradizione”. – spiega il sacrestano animatore di Piazzo, Guido Mattevi, richiamando i ricordi del padre.
Le potenti voci femminili e maschili del coro di Piazzo sembrano aprire un varco fra i filari ancora verdissimi, punteggiati di qualche roseto a far da sentinella. “Si partiva anche più presto, quando si andava pellegrini a Pietralba”, racconta uno dei nonni. Altri ricordano che dopo la processione si tornava nei campi per dare un’occhiata nel giorno del Signore, quasi a implorare una vendemmia con i grappoli migliori.
Il baffo orgoglioso e gli occhietti vispi, ecco un signore che confida a Vita Trentina la gioia di partecipare a questa tradizione da almeno 90 anni. “Ne ho 97 adesso – ci stupisce Arturo Zanotelli, il fedele più fedele alla Madonna dell’Uva – sono del 1921, ho tanti ricordi di questa domenica di luglio. Un tempo il giro era più lungo, si faceva la discesa della corvaia”. E’ un toponimo di evidente origine francese, probabilmente legato alla corveès, la strada di servizio per gli eserciti che in epoca napoleonica fecero le battaglie oggi rievocate d’estate e ancora effigiate (quella del 1796 nel famoso dipinto nella chiesa di Piazzo).
Un’ora di cammino e ci accoglie la chiesa tardo gotica dell’Immacolata. Dall’altare ci guarda protettiva la coloratissima Maria che tiene in mano il frutto della vite.
Don Tomasi distilla dal Vangelo domenicale alcune succose idee sulla fede: che non è solo “pensare a Dio”, ma anche “pensare Dio”; che non è solo pratica, ma “conoscenza profonda di Dio attraverso la Parola di Gesù” e che comporta una “responsabilità morale”, anche quella di “sapersi affidare”. L’ultimo canto a Maria riporta al colorato rosario artigianale che don Bruno lascia in ricorda di questa domenica speciale. Vien da pensare – come scrive Francesco nella Evangelii Gaudium – che nella religiosità popolare, quando è purificata e genuina, “il popolo evangelizza continuamente se stesso”. Non vale solo per i movimenti latinoamericani! Anche le nostre comunità – soprattutto se sapranno riportare i giovani al valore di questo rinnovamento – possono vivere questi appuntamenti come stimoli di “una spiritualità incarnata nella cultura dei semplici”. Lo dimostra il pellegrinaggio notturno di giugno a Montagnaga, ma chissà che il prossimo anno non ci siano i giovani cembrani alla traversata mattutina tra i vigneti…
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