S. Leonardo dei prigionieri e dei contadini

La cappella di San Leonardo a Lisignago. Foto © Gianni Zotta
Pur spogliata dei pezzi più pregiati, la cappella sul dosso, sotto Lisignago, resta uno dei monumenti d’arte più significativi della Val di Cembra.Lisignago, novembre – Nel Medioevo fu invocato quale protettore dei prigionieri e contro i briganti. Forse è per questo che i ladri, i quali hanno depredato a più riprese la cappella di San Leonardo a Lisignago, l’hanno sempre fatta franca. E non sono mai finiti in galera.

Nel 1960 sparì la statua lignea di Madonna con Bambino, opera gotica altoatesina del XV secolo, che era conservata dentro una vetrina. Non contenti, nel 1978 i ladri rubarono la pala (opera probabile di Antonio Zeni da Tesero) e alcuni pezzi lignei dell’altare, oltre all’antica serratura del portone d’ingresso.

S. Leonardo era invocato anche quale protettore dei coltivatori della terra e delle donne “prigioniere” di una gravidanza.

Eppure, anche spogliata delle suppellettili più pregiate, la cappella sul dosso, sotto Lisignago, resta uno dei monumenti d’arte più significativi della Val di Cembra. Forse perché, grazie a un paziente restauro, alle pareti resistono gli affreschi del XV secolo, opera di quello che è definito il “maestro di Lisignago”. Disposti su due fasce orizzontali, si caratterizzano per una rara proposizione della Trinità (tre figure sedute, avvolte da un mantello dal quale fuoriescono due soli piedi). Oltre a un’Ultima cena, che occupa il muro di destra, altri quadri offrono immagini di San Leonardo che libera i prigionieri, di Sant’Orsola e compagne, di San Leonardo e Sant’Elena.

Lunedì 6 novembre 2017, all’interno di questo scrigno d’arte si sono ritrovati 42 devoti di Lisignago e Cembra per la festa annuale del copatrono della parrocchia (l’altro è san Biagio).

Maria Donati, 80 anni compiuti, era arrivata per prima, quasi a sfidare il tempo (orribile) e l’età “perché l’an passà no sen vegnudi giò”. Fu la prima volta, a sua memoria, che non si celebrò Messa nella cappella sul colle. Un vulnus che la popolazione di Lisignago aveva mal digerito, anche perché quel giorno numerosi devoti erano scesi lungo quel ripido sentiero fra i campi.

Consacrata il 25 aprile 1444, la cappella era officiata varie volte l’anno. Di certo per le Rogazioni primaverili e nel patrocinio del titolare. Fu restaurata più volte; l’ultima negli anni Novanta del XX secolo. Le altre date sono graffiate su una pietra sopra il portale a sesto acuto (1592, 1801, 1901, 1953).

Vi convergevano processioni e frotte di pellegrini. Sulla parete interna, di sinistra, resistono alcuni ex voto di scarso pregio artistico, ma di un certo valore devozionale. Tra gli altri, un ricamo con la scritta PGR (per Grazia Ricevuta) del 1895 e una pezzuola del 1917, anno di guerra. La cappella possedeva pure ex voto di ferro, fabbricati con anelli di catene che avevano stretto i polsi di qualche prigioniero, il quale, una volta libero s’era ricordato di S. Leonardo. Il francescano Remo Stenico (1925-2017), autore di un volume su Lisignago (1991), li aveva visti, e Giorgio Moser fotografati, al Tiroler Volkskunst-Museum di Innsbruck.

Nel giorno del patrono, sulla porta della cappella, Matilde Hofer, originaria della Val Gardena, da 45 anni sposata a Lisignago, dice che in Val di Cembra è stata costretta a “cambiare usi, costumi e tradizioni. E non è stato facile”. Intanto, Tullio Facchinelli, suonava la campanella (benedetta nel 2002) mentre quella antica, del 1735, già sul campanile di San Biagio, fa bella mostra su un ripiano a lato dell’altare.

All’omelia, don Tiziano Filippi, parroco di dodici parrocchie della Val di Cembra, esalta la figura di San Biagio e sottolinea la gratuità del volontariato che fa della valle dell’Avisio un modello. Dalla Stella Bianca (340 volontari) ai Vigili del Fuoco, ai gruppi giovanili, all’impegno missionario, è tutto un fiorire di iniziative e di occasioni di aggregazione, anche giovanile.

La sagrestana, Wilma Callegari, rammenta che la cappella di san Leonardo è aperta soltanto in occasione delle sagre del paese (San Biagio, San Leonardo e il 25 aprile). Tullia Ferretti, invece, provvede ad accompagnare gruppi di appassionati d’arte sacra o di turisti. Descrive loro la storia plurisecolare del manufatto, racconta lo sviluppo della devozione, descrive le connessioni con altri artisti che hanno accompagnato nei secoli la fabbrica di chiese e di cappelle lungo il corso dell’Avisio.

Nella cappella sul dosso che fu, probabilmente un castelliere e ospitò, più tardi, una torre di guardia, nel 1749 furono notati tre altari. Oltre a quello del titolare, i due laterali erano dedicati a Sant’Orsola e ai santi Fabiano e Sebastiano. In quel periodo vi si diceva Messa dodici volte l’anno.

A dispetto della secolarizzazione, nel terzo millennio resiste la tradizione del 6 novembre. Anche con la pioggia, il vento gelido e la neve sui monti circostanti.

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